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Gran premio d’Italia sdoppiato: sfida su una torta da 2 miliardi

Una «torta» del valore di quasi due miliardi: tanto - euro più, euro meno - vale il progetto di portare la Formula 1 a sfrecciare sulle strade romane dell’Eur. Ed è da qui, dalla portata economica dell’affare, che bisogna partire se si vuole capire appieno anche quanto sta accadendo in queste ore. E cioè le convulsioni che agitano il mondo automobilistico milanese, finora arroccato a difesa della «unicità» del Gran Premio di Monza. Ma in questo muro finora compatto stanno affiorando i primi dissensi, con inevitabili contorno di polemiche.
Il capofila dei «traditori», uscito allo scoperto con il voto a favore di Roma nel corso dell’ultima riunione della Commissione sportiva dell’Aci (la Csai), è Bruno Longoni, industriarle del vetro brianzolo, dal remoto 1954 ufficiale di gara del’Automobile Club. Anche lui, oggi vicepresidente del Csai, si è espresso a favore del Gp di Roma. Il contenuto della delibera non era fino a ieri ufficialmente noto, ma ha poi provveduto a divulgarlo il sindaco di Roma Gianni Alemanno: che ieri festeggia ringraziando il Csai «che ha auspicato un secondo gran premio in Italia» e ha invitato l’Aci a prendere i contatti con Bernie Ecclestone. Unica raccomandazione del Csai, resa nota dallo stesso Alemanno: se invece, in Italia dovesse continuarsi a correre un solo Gran Premio, allora che resti quello di Monza.
Roma, insomma, deve affiancarsi a Monza, non prenderne il posto, dice la Csai. Ma questo non basta a placare gli animi in Lombardia. I vertici dell’Automobile club milanese e dell’Autodromo di Monza continuano a pensare che in Italia non ci sia spazio per due gare del Grande Circo. E che dare spazio, visibilità e risorse a Roma voglia dire toglierne a Monza.
La posta in palio è economicamente rilevante. Secondo gli studi che accompagnano la candidatura della Capitale, lo sbarco delle monoposto tra i palazzi razionalisti dell’Eur porterebbe con sé un movimento di capitali stimabile in 1,8 milioni di euro, composto per il 40 per cento dall’afflusso turistico, per il 29 per cento dai servizi business, per il 10% dalle attività edilizie, per il 9% dalle vendite, eccetera. Una montagna di soldi. La «linea» del partito pro-Roma è per ora semplice: questa massa economica non deve preoccupare i milanesi, perché il Gp romano è un prodotto del tutto nuovo, che non mette in discussione per nulla il ruolo di Monza. «Il Gran Premio d’Italia resta quello di Monza - garantiva ieri al Giornale Bruno Longoni - per quello di Roma si troverà un altro nome».
Il problema, però, è che Roma è Roma.

Cioè, sul piano dell’appeal turistico, un avversario contro il quale per Monza e Milano non c’è speranza di vittoria. E se Roma dovesse farsi il «suo» circuito, per Monza il fatto di fregiarsi formalmente del titolo di Gp d’Italia potrebbe non bastare ad evitare il declino. E addio torta.

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