Gran prix di denunce per Beppe, il nonno con la Ferrari

Lui "sgasa" a bordo della rossa, i compaesani lo insultano su Facebook. La storia finisce in procura: indagate 100 persone

Gran prix di denunce per Beppe, il nonno con la Ferrari

Genova - Sfreccia in Ferrari F430, sempre dotato dei suoi guantini neri da corsa, posteggia sui marciapiedi, «sgasa» per le strade del quartiere con la sua fuoriserie come fosse all’autodromo di Monza. L’identikit lo tracciano direttamente gli abitanti della delegazione genovese di Nervi che di nonno Beppe, 60 anni, loro compaesano, pare non abbiamo una buona visione. Tanto che sul social network Facebook, da qualche mese, gli hanno dedicato un gruppo il cui titolo appare emblematico: «Beppe di Nervi, hai rotto il c... !». Un gruppo che era arrivato a contare seimila aderenti (praticamente l’intera delegazione) e dove un centinaio di sostenitori hanno scaricato per diverse settimane insulti di tutti i tipi al ferrarista del quartiere, con pensieri dedicati anche alla sua famiglia. Lui aveva anche avvisato i naviganti del multimediale direttamente dalla bacheca di Facebook intitolata alla sua persona: «Occhio, perché se continuate così passo alle vie legali».

Apriti cielo. Per tutta risposta i nerviesi hanno caricato gli insulti, raddoppiato gli sforzi per migliorare le battute con le quali prenderlo in giro, e continuato ad attaccare raccontando le «malefatte» di Beppe di Nervi. Ogni giorno con racconti nuovi raccolti per le strade di un borgo che sembra odiarlo, senza mezzi termini. Anche gli autisti degli autobus, che hanno il difficile compito di far transitare i mezzi da strade strette si sono lamentati via internet delle soste pazze.

Nessuno sa quale lavoro faccia e in molti sostengono che abbia raccolto un’eredità milionaria da una vecchia zia. Si limiterebbe a gestire un patrimonio composto da un centinaio di appartamenti nel quartiere più chic della città. Lui smentisce seccamente, replica alle «accuse» parlando di gente invidiosa del suo status. Sulla pagina del gruppo che gli è stato dedicato la presentazione è di tutta eloquenza: «Il signor Beppe è un genovese che è solito trascorrere le giornate svaccato nella sua ricchezza, a bordo d’una Ferrari F430... fin qui nulla di male, ognuno fa un po’ quel che vuole. Ma quando inizia a parcheggiarsi nei posti affollati o sui marciapiedi per farci vedere quanto è bello, be’, diventa ridicolo».

Il detto lo dice chiaro, «uomo avvisato, mezzo salvato». «Qualcuno deve aver pensato che su internet si possa fare e dire di tutto e di più - racconta al Secolo XIX Michele Ispodamia, professione avvocato -. Ma si è sbagliato». Ispodamia è proprio il legale che Beppe ha scelto per querelare un centinaio di aderenti al gruppo che, nel frattempo, è stato anche chiuso dai gestori del social network. E la maxiquerela ha avuto i suoi effetti visto che la Procura di Genova ha messo tutti sotto indagine evidenziando come Facebook non sia un porto franco dove si possa parlare liberamente: «Quando certe parole istigano all’odio o possono rovinare la vita di una persona si commettono reati - prosegue l’avvocato difensore di Beppe T. - È ovvio che queste persone vengano perseguite». Istigazione a delinquere, minacce, ingiurie, diffamazione sono i principali capi d’imputazione con i quali Francesco Pinto, il sostituto procuratore titolare dell’inchiesta affidata alla polizia postale, ha messo i cento nerviesi sotto inchiesta.

Non

tanto per il racconto delle bravate del ferrarista, quanto per gli insulti che avrebbero coinvolto anche la famiglia di Beppe. Ma a Nervi nessuno è spaventato: «È l’ennesima “spacconata”, finirà in una bolla di sapone».

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