Il gran rifiuto per restare nella leggenda

Bobby Fischer, nato a Chicago il 9 marzo 1943, è stato l’unico americano campione del mondo di scacchi. Corona conquistata l’1 settembre 1972, battendo il sovietico Boris Spasskij, e persa, per essersi rifiutato di difenderla, il 3 aprile ’75. Da ragazzo aveva imparato da solo leggendo il libretto di istruzioni di una scacchiera. Il suo primo vero trionfo arrivò quando vinse il campionato juniores statunitense, nel luglio ’56, che a quei tempi lo qualificava per il campionato maggiore. Due anni dopo diventò campione Usa. Nel ’71 Fischer ottenne finalmente il diritto di sfidare il campione del mondo, Boris Spasskij, nell’«incontro del secolo» che si svolse a Reykjavik, Islanda, da luglio a settembre del ’72. La vittoria portò a Fischer e agli scacchi una pubblicità incredibile. Nel ’75 avrebbe dovuto difendere il titolo contro Karpov ma le sue condizioni non furono accettate e quindi rinunciò al titolo. A questo punto scomparve, e non giocò a scacchi in pubblico per quasi vent’anni, fino al ’92.

Il 13 luglio 2004 fu arrestato a Tokyo dalle autorità nipponiche per conto degli Usa. Venne rilasciato qualche mese dopo quando il governo islandese gli concesse il passaporto. E a Reykjavik, dove aveva trionfato, è morto per insufficienza renale.

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