Dal primo gennaio 2011 per acquisti di oltre 3mila euro bisognerà fornire il codice fiscale. Si tratta di un «codicillo », nascosto tra le pieghe della manovra di luglio, che il direttore dell’Agenzia delle entrate, Attilio Befera, ha voluto far conoscere all’opinione pubblica. «È un sacrificio che chiediamo a tutti i cittadini onesti, lo sappiamo - ha detto in un’intervista al Corriere della Sera - . Ma vorremmo che fosse compreso, perchè ci consentirà di colpire meglio gli evasori, gli stessi dei quali i contribuenti che pagano le tasse si lamentano». Un’arma in più per la lotta all’evasione fiscale che porterà, secondo stime del fisco, a recuperare 10 miliardi nel 2010. Per il 2011 sono molte le novità: fattura telematica, vincoli al contante, accertamento sintetico e il redditometro. L’Agenzia,più del passato, sarà in grado di discernere tra il reddito dichiarato e quello speso, e in caso di incongruenze scatteranno i controlli. Spetterà poi al contribuente «giustificare» una capacità contributiva superiore a quella dichiarata. É annunciata una seria «vigilanza» nei confronti delle imprese sempre in rosso, si comincerà «a fare pulizia» anche fra gli oltre 7 milioni di partite Iva mentre dal 28 febbraio partirà un nuovo regime di autorizzazione. «La riduzione dei tempi di esecuzione con l’eliminazione delle cartelle, un’altra novità del 2011 ha spiegato Befera nell’intervista - , corregge un’anomalia tutta italiana, l’unico Paese al mondo dove passava un anno e mezzo tra l’avviso di accertamento e il pagamento». Una norma che secondo Befera «stimola il buon comportamento di tutti»: dei contribuenti, delle commissioni tributarie, del fisco stesso. Insomma, «chi non paga le tasse faccia bene i propri calcoli», perchè «la vecchia logica di convenienza dell’evasione, alti guadagni e bassi rischi, con controlli rari, non sta più in piedi». Quello che Befera invece non dice è perchè non siano resi pubblici i redditi degli italiani, una misura di trasparenza e di controllo sociale che era in uso negli anni Settanta e che è normale in molti Paesi; gli ultimi diffusi, quelli del 2005, per opera dell’allora viceministro Visco, furono accolti da violente polemiche, quasi si trattasse di mantenere nascosti dei segreti privati e non di rappresentare una pubblica virtù. La novità che colpisce ictu oculi i comportamenti del pubblico riguarda l’obbligo di esibire il codice fiscale all’atto di ogni acquisto superiore a tremila euro. É una forma di tracciabilità che comporterà qualche irrigidimento formale, ma che trova istruttive analogie con ciò che già avviene nel mondo bancario. Qui ogni operazione viene memorizzata, e ogni attore che non sia già cliente viene identificato anche con il codice fiscale. Per operazioni sotto i 2.500 euro, qualunque sia la cifra, esiste per la banca solo l’obbligo di memorizzarla per smascherare eventuali cumuli mensili; sopra i 2.500 l’operazione viene conservata negli archivi per dieci anni; sopra i 5mila il cliente deve firmare il modello antiriciclaggio e il direttore ha la facoltà di segnalare l’operazione ai gradi superiori della banca.
L’obiettivo è sempre la conoscenza del cliente. Sotto controllo tutte le operazioni, sia i depositi che i prelievi: perché i primi possono celare proventi da reati, i secondi pagamenti derivanti da minacce o da estorsioni.PStef
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