Due diagnosi impietose, come quelle del governatore Mario Draghi e del presidente di Confindustria, si sono abbattute nel giro di 24 ore su Romano Prodi e sul suo governo. Segno del crescente isolamento di un esecutivo che resiste nonostante lo sbrindellamento della sua maggioranza. Anzi, segno esplicito di una generalizzata insopportazione. Ma non è questa la novità, la faccenda è nota. Il problema è cosa fare se, stando alle parole di Luca Cordero di Montezemolo, «il Paese non è governato», se «non è un bello spettacolo quello che la politica sta dando in questi giorni» e se «non sarebbe una bella prospettiva tornare al voto condannando il Paese a un altro periodo incerto e confuso». Allora la domanda è come risolvere questo problema se con questa legge elettorale non si può tornare alle urne e se è opportuno che a Palazzo Chigi vada nel frattempo qualcun altro.
Naturalmente non c'è da parte di Montezemolo una risposta esplicita, ma solo sottintesa. Perché il pensiero va direttamente a quel che in gergo si chiama «la supplenza dei tecnici» (o dei «migliori» o dei «super partes»), che ha avuto i due precedenti con Ciampi nel 1993-94 e con Dini nel 1995-96 e che ha poi avuto le suggestioni dell'estate del 2005 (quando venne lanciata la candidatura di Mario Monti). E il sottinteso consiste appunto nello scenario di una stagione di passaggio in cui però la vera emergenza che un governo dovrebbe gestire sarebbe quella di definire e realizzare, in Parlamento, una nuova legge elettorale. Perché è solo un sottinteso? Per la semplice ragione che sarebbe una contraddizione caricare un esecutivo tecnico di un compito eminentemente politico come quello di fissare delle nuove regole.
Ma se Prodi non va più bene, se non è visibile una maggioranza in grado di attuare un «ribaltone» o di sostenere un ricambio (magari direttamente con Veltroni) e se si ritiene che un ritorno anticipato alle urne non provocherebbe l'efficace e desiderata alternanza, sarebbe meglio essere chiari. Sarebbe meglio non cadere nel peccato dell'ipocrisia e rivendicare apertamente una «sospensione» della politica, soprattutto quando la si considera incapace di decidere e di agire. Sarebbe meglio dire esplicitamente che la crisi italiana è così profonda e ingestibile che c'è bisogno di una «supplenza».
Il confronto sarebbe più chiaro e meno allusivo, non sarebbe liquidato da Prodi con quellavvertimento ai «serpenti di mare» che stanno soprattutto nella maggioranza.
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