Il grande mistero mai risolto: quel suicidio politico per troppa fretta

Perché Fini non aspettò il suo turno nel Popolo della Libertà per porsi come nuova guida?

Il grande mistero mai risolto: quel suicidio politico per troppa fretta
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Non sono bastate schiere di politologi e di analisti per risolvere il mistero di Gianfranco Fini. Il suo crepuscolo politico, sfociato in un harakiri inspiegabile con le normali logiche di Palazzo, è ancora oggetto di tante domande senza risposta. Una su tutte: come è stato possibile che un leader politico di soli 57 anni (nel 2009) potesse infilarsi nel tunnel dell'autodistruzione per una sopraggiunta incompatibilità caratteriale con Silvio Berlusconi?

Fini all'epoca era acclamato come il capo carismatico incontrastato di Alleanza nazionale. Da sinistra iniziava pure quel subdolo atteggiamento seduttivo che mirava a innescarlo come principale oppositore di Berlusconi dentro la stessa maggioranza di centrodestra. Ma quando l'ultimo governo del Cavaliere cadde nell'autunno 2011, Fini non era più nell'asse ereditario e nel ruolo di successore naturale. Era andato a schiantarsi con Futuro e Libertà, la casa di Montecarlo finita nella disponibilità del cognato e soprattutto con il sordo rancore nei confronti del leader di Forza Italia. Perché Fini non aspettò il suo turno nel Popolo della Libertà per porsi come nuova guida? Ancora oggi resta difficile credere che un politico abile e freddo nelle valutazioni si sia lasciato trascinare nel dualismo personale culminato con il celebre "Che fai mi cacci?" davanti alle telecamere. I prodromi di una rottura così clamorosa si erano colti in quell'estate 2009 condita da distinguo e provocazioni.

Alla fine della storia, l'insuccesso di Fli e i guai giudiziari per riciclaggio hanno estromesso dalla politica un uomo che l'aveva domata per decenni, partendo dal Fronte della Gioventù per scalare i vertici di governo come vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri. La beffa finale, un misto tra rassegnata soddisfazione e umana amarezza, è stata vedere tanti dirigenti di Alleanza nazionale brillare o risorgere proprio con l'avvento di Giorgia Meloni al governo: da La Russa a Mantovano, da Foti al suo storico portavoce Fabrizio Alfano.

La leader di Fratelli d'Italia ascende anche nel vuoto elettorale lasciato da Fini, già capace di portare An sopra il 12% quasi 25 anni

fa. Nulla nasce per caso e forse proprio l'autodafè di un capo in disarmo è stato l'avvio del lungo processo che ha portato destra-destra alla guida del Paese. Per lui la storia è finita, ma è ancora tutta da riscrivere.

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