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La grande occasione del golf italiano trascinato dai suoi big

L’Open Svizzero - oggi Omega European Masters - è sempre stato un po' la seconda casa dei italiani almeno da quando viene giocato (1939) sul percorso di Crans sur Sierre a due passi da Milano, Torino, Genova e meta estiva gradita da sempre dei golfisti italiani.
Due vittorie di Lillo Angelini, due di Ugo Grappasonni, una vittoria e 50 presenze consecutive di Aldo Casera, due consecutive di «cucciolo» Roberto Bernardini, l’ultima poi del grande Rocca nel 1997. Senza contare poi tutti gli ottimi piazzamenti ottenuti dagli azzurri ed il primo score europeo in 60 colpi di Baldo Dassù. Una seconda casa, dicevo, un secondo Open d'Italia quello voluto ed organizzato da Gaston Barras, imperatore del Haut Plateau di Crans, con centinaia di appassionati italiani che non si perdono l’evento anno dopo anno. Quest'anno poi di «nostri» ce ne erano davvero tanti - fra i 53mila che hanno varcato i cancelli del Seve Ballesteros course. E non potevano non esserci. Ha vinto, come ormai i nostri lettori sanno, Miguel Angel Jimenez al suo 22° assalto al titolo, dopo essere arrivato due volte secondo e molte di più tra i «top 10». Vittoria meritata, sofferta, voluta con tutta la grinta e la passione del campione di Malaga. Ma anche un Omega European Masters che mai è stato così italiano.
Nino Bertasio, 22enne di Garda Golf ed elemento trainante nel recente St. Andrews Trophy di Castelconturbia - che ha visto la vittoria degli juniors europei contro quelli britannici - che dopo tre giri era addirittura 7° prima di un incidente di percorso nell'ultimo giro ma che comunque è salito sul podio come miglior amateur del torneo.
Edoardo Molinari, vincitore la settimana precedente del Johnnie Walker in Scozia che ha convinto Colin Montgomerie a dargli una wild card per la Ryder che ha fatto soffrire Jimenez sino all’ultimo quando dopo le prime 9 buche del giro finale lo spagnolo aveva sei colpi di vantaggio e la partita sembrava chiusa. La sua piazza d’onore dà ragione a Colin e chiude la bocca a tutti. La stampa e la televisione britannica ed americana lo considerano già un grande e come ai grandi già gli hanno dato un nomignolo: «l'ingegnere».
Nomignolo anche per Matteo Manassero che è stato davvero grande conquistando la terza posizione ma soprattutto dimostrando una maturità di gioco ed un management delle situazioni incredibili in un 17enne. Una terza posizione che già al 6° invito sul Tour gli garantisce la «carta» per giocare sul circuito maggiore il prossimo anno. Lo chiamano «Wonder boy» e lo paragonano a Rory Mc Ilroy.
Il golf italiano è sugli spalti. Perdere questo momento magico per chi ha a cuore ed il compito di far crescere questo sport in Italia sarebbe follia. So che non è così: basterebbe leggere quanto scrive la stampa internazionale e trasmetterlo ai media italiani perché vengano ancor più coinvolti.


Se c’è il campione, o meglio i campioni - non dimentichiamoci di Francesco Molinari, settimana scorsa a riposo - la notizia e lo scoop sono garantiti e noi media non possiamo non parlarne.

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