Politica

Il «grande orecchio»? Una miniera d’oro

Milano«Ho letto Il Padrino prima di compiere dieci anni», dice di sé Gioacchino Genchi. Ma se il superconsulente è generoso di dettagli sulle sue (inquietanti) letture infantili, diventa meno loquace quando si tratta di spiegare come senso del dovere e affari si incrocino nella sua attività odierna. Un dato è certo, ed è che la moltiplicazione esponenziale dei tabulati telefonici schedati da Genchi appesantisce sensibilmente la parcella che - alla fine dei suoi incarichi - il 48enne siciliano presenta alle Procure. Ma quanto sia costato finora allo Stato il «sistema Genchi», e quanto specularmente Genchi ci abbia guadagnato, non è affatto chiaro. Una serie di schermi, verrebbe da dire, rendono poco trasparente l’attività di Genchi.
Il primo schermo, come è noto, è quello del «distacco sindacale». Il vicequestore di polizia Genchi Gioacchino risulta assente dal servizio per «distacco sindacale non retribuito» a partire dal 2000. In realtà, nelle assemblee sindacali dei poliziotti siciliani Genchi nessuno si ricorda di averlo mai visto. E ieri sulla Stampa Emanuele Macaluso domandava al capo della polizia se questo schermo,l’utilizzo del distacco sindacale, fosse legittimo. Ma c’è di più.
Genchi, come vicequestore, guadagnerebbe - se lavorasse - un po’ più di 2.300 euro netti al mese, pari a un lordo di meno di 50mila euro all’anno. Secondo un’inchiesta di ieri di Italia Oggi, nel 2005, quando era già in aspettativa da cinque anni, Genchi ha dichiarato redditi per 195.889 euro, grossomodo il quadruplo di quello che avrebbe guadagnato se fosse rimasto a dirigere la Zona Comunicazioni della Sicilia Ovest (incarico che oggi dipinge come delicatamente operativo, e che in realtà consiste nel gestire il magazzino dei computer, dei telefoni e delle altre attrezzature). Insomma, se a spingere Genchi a dedicarsi a tempo pieno a schedare telefoni è stato il senso dello Stato, non si può negare che il portafoglio ne abbia guadagnato.
Ma le domande non sono finite. Come viene pagato, Genchi? Essendo - sebbene in aspettativa - un dipendente della polizia di Stato, per assumere incarichi retribuiti dovrebbe chiedere l’autorizzazione dei suoi capi, e l’importo dovrebbe venire segnalato sul sito Internet www.innovazionepa.gov.it. Peccato che nell’elenco dei poliziotti che hanno percepito redditi extraprofessionali nel 2006 il nome di Genchi semplicemente non compaia. Anche per questo potrebbe esserci una risposta: gli incarichi di consulenza potrebbero venire conferiti dalle Procure non alla persona fisica di Genchi ma a una società a responsabilità limitata che si chiama Csi, Centro servizi informatici, che da Genchi è controllata. Peccato che - come ricordato nel febbraio 2004 dal ministro Giovanardi rispondendo a una delle prime interpellanze sul caso Genchi - «il codice consente, come noto, l’affidamento di incarichi di perizie o consulenze solo a persone fisiche».
La società di Genchi, dunque, non effettua consulenze. Di cosa si occupa, allora? La risposta è semplice: di intercettazioni. Quelle intercettazioni che Genchi nega di avere mai svolto, ma che realizzava in realtà per conto delle Procure dietro lo schermo della Csi.
E non è tutto. Per essere amministratore di una società di capitali, Genchi avrebbe bisogno dell’autorizzazione del Viminale. Non risulta che l’abbia fatto. E infatti amministratore unico della Csi risulta fino a pochi mesi fa Antonella Genchi, sorella di Gioacchino, che ha poi ceduto il timone a Cinzia Sciarabba, una graziosa signorina che su Facebook si dichiara fan di Luigi De Magistris, Lucio Battisti, Marco Travaglio e ovviamente di Gioacchino Genchi. Lui, Genchi, nelle cariche sociali non appare, nonostante possieda il 100 per 100 delle quote della Csi. La signorina Sciarabba mette la firma sui contratti con le Procure. Le consulenze, poi, le fa l’infaticabile Gioacchino.
Nell’ultimo bilancio approvato, quello del 2007 - sempre secondo i dati scovati da Italia Oggi - la Csi risulta avere fatturato 765mila euro, con un lieve aumento rispetto ai 738mila fatturati l’anno prima. Un andamento positivo, sul quale pesa però il male che affligge tanti colleghi che fanno il suo stesso lavoro: le Procure non pagano le intercettazioni. Ordinano, e poi lasciano gli specialisti delle cimici alle prese con buchi colossali di bilancio. E, almeno da questo punto di vista, Genchi non è stato trattato meglio degli altri: nei bilanci della Csi appaiono crediti non riscossi per quasi un milione e mezzo di euro.

Tutti soldi che Genchi avanza dallo Stato per il suo lavoro al servizio del Grande Orecchio.

Commenti