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Il grande ritorno Ibra nell’indifferenza di San Siro, ma anche del Barcellona

Diceva Gandhi che il perdono è l'ornamento dei forti. Di sicuro ieri l'indifferenza è stata la coreografia di San Siro, nel giorno del ritorno del "traditore" Ibrahimovic, se questo si può dire dimenticando che per chi la bacia, la maglia spesso - e forse giustamente - ha un solo colore: quello dei soldi. Così dopo una vigilia in cui si profetizzava la consegna di fischietti a costo zero fuori dallo stadio da far sentire alle orecchie di chi è rimasto sordo al richiamo della bandiera, alla fine lo hanno capito anche quelli della curva dell'Inter, pronti a srotolare uno striscione tutt'altro che minaccioso: «Meglio la tua onestà delle manfrine di Kakà». Un messaggio che pareva, sì, una caramella per il vecchio eroe, ma piena però di fiele per il solito nemico, il Milan. Insomma: l'indifferenza.
La grande sfida dunque almeno fuori non c'è stata, con Ibra blaugrana al bacio ed Eto'o nerazzurro per convinzione - lui dice - visto che le maglie se le suda. Ma in fondo, a pensarci bene, Zlatan non ha mai fatto promesse ai tifosi nerazzurri, e neppure Samuel, almeno non ancora. Eppoi i tifosi del Barça erano talmente pochi che il "Gràcies Eto'o" esibito al terzo anello sembrava troppo lontano.
Invece Ibra pareva un turista per caso, entrato sul campo di San Siro per il riscaldamento con l'aria a ciondoloni mentre i suoi ex tifosi intonavano cori a raffica per gli undici in nerazzurro e appunto - rispetto a soli quattro mesi fa - ne mancava proprio uno. Lui. Poi, all'annuncio delle formazioni, qualche fischio in più, ma bastano a raccontare un amore tradito? Era dunque impossibile non vederlo, in quel colore rosa evidenziatore con cui si è presentato il Barcellona, ma molti hanno fatto finta di niente sulle tribune, almeno fino a quando dopo 7 minuti, Zlatan non si aggiusta la palla di petto tutto solo davanti a Julio Cesar e prova finalmente un brivido: tiro in tribuna, sarà l'emozione? Di sicuro i suoi ex compagni non si sono fatti scrupoli, non c'erano sguardi torvi - anzi - là nel tunnel e in campo gli hanno girato in molti alla larga mettendo Lucio, uno appena arrivato, a sistemargli le caviglie. Il problema è che l'indifferenza per Zlatan è stata a lungo non solo quella nerazzurra: il Barcellona gioca a memoria, ma lui a volte sembra ancora lì per caso, anche se alla fine di pochi e inutili tentativi prova pure il colpo di tacco, come fece - ricordate? - l'ultima di campionato contro l'Atalanta per diventare capocannoniere e per poi dire «è stato bello finire così». Ma niente. Nulla.
Forse allora era tutto scritto, Eto'o contro Ibra per tutti ma non per loro, Moratti con Laporta, in giro per la città come due vecchi amici promettendosi fortuna reciproca. «Sarà intelligente Zlatan» ha detto il presidente nerazzurro, ma forse l'indifferenza no, non l'aveva considerata, lui che spezzò l'idillio zittendo la curva dopo un gol e che quando gioca contro dà il meglio di sé. Non quando gioca contro il nulla.
Alla fine insomma la grande sfida finisce con Eto'o in gabbia ma Ibra spesso in fuorigioco, perché l'indifferenza è un'arma micidiale che a volte fa più male di un tiro all'incrocio: l'indifferenza è un silenzio che può confondere.

Poi, quando ci sarà il perdono, magari cambierà tutto.

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