La «Grandeur» di Schröder ha diviso l’Ue

Alberto Indelicato

Forse sarà l'ultimo insuccesso in politica estera del cancelliere uscente della Repubblica Federale Tedesca, Gerhard Schröder. Una presa di posizione del Dipartimento di Stato americano ha, infatti, messo una pietra tombale sull'aspirazione di Berlino ad occupare un seggio permanente - magari con diritto di veto - in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
A nulla è valsa la creazione di una coalizione con il Giappone, l'India ed il Brasile, a cui sarebbero dovuti essere aggiunti due non specificati Stati africani. Non è servito il corteggiamento (con promesse di aiuti) dei Paesi del terzo mondo. Non ha giovato la battaglia per abolire in sede europea l'embargo della vendita di armamento sofisticato alla Cina, sempre nella speranza di un «ammorbidimento» dell'opposizione di Pechino. Si è anche rivelato del tutto inutile, se non addirittura controproducente, l'appoggio della Francia, i cui governanti speravano di costituire anche nel Palazzo di Vetro un fronte che si contrapponesse al blocco anglo-americano.
Il Dipartimento di Stato americano ha bocciato la proposta dei tedeschi, nella quale si era lasciato imprudentemente coinvolgere lo stesso segretario generale dell'Onu Kofi Annan. L'Amministrazione statunitense ha sostenuto che eventuali modifiche dello statuto dovrebbero obbedire a criteri non regionali, ma funzionali. Si tratta evidentemente di un pietoso pretesto, perché se è vero che l'aggiunta di nuovi membri permanenti non gioverebbe affatto al «rendimento» dell'organizzazione, non si vede quali altre riforme potrebbero portare ad un siffatto risultato.
In ogni caso non è per migliorare il funzionamento dell'Onu che la Germania (e i suoi associati) ambivano a conquistare il seggio permanente dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, organismo del quale non si può fare a meno di ricordare tutte le occasioni in cui dimostrarono la sua inefficienza, per non dire peggio. Basti pensare al massacro di Srebrenica, di cui proprio quest'anno si è celebrato il decimo anniversario. In quell'occasione, se i serbi-bosniaci si resero colpevoli di crimini contro l'umanità, i caschi blu che avrebbero dovuto proteggere la popolazione civile si ricoprirono di ignominia volgendo lo sguardo da un'altra parte.
A che cosa è dovuta allora, nonostante la scarsa importanza che le Nazioni Unite ormai rivestono per questa e altre poco gloriose disavventure, la corsa a voler far parte del loro organo centrale? Si tratta evidentemente soltanto di conquistare uno status symbol come nel caso della laurea honoris causa, di cui è invalso l'uso di ottenerla previo l'impegno implicito da parte del laureato di non esercitare mai la professione a cui essa si riferisce.
Per tornare alla politica di Schröder, se per il suo governo si è risolta in un fallimento, essa qualche conseguenza l'ha avuta: è riuscita a creare un ulteriore argomento di discordia in seno all'Unione Europea ed a trascinare nel suo insuccesso anche il progetto della Francia di aumentare il suo peso internazionale.

È da sperare comunque che, dopo tanto rumore per nulla, per qualche tempo non si parli più della riforma del Consiglio di Sicurezza.

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