Al «Grassi» di Ostia la sicurezza è un «optional»

«Attenzione: porta tagliafuoco a chiusura automatica. Non sostare nel raggio d’azione». Peccato che il sistema antincendio all’interno del pronto soccorso dell’ospedale «Giovan Battista Grassi» di Ostia non può funzionare. Una fila di sedie fissate al pavimento, nella sala di attesa interna, lo rende inservibile.
Il tutto in barba alla pretesa sicurezza del Dea, il Dipartimento emergenza e accettazione della struttura lidense, ampliato non senza polemiche (e sprechi) con i finanziamenti giubilari. Oltre un miliardo delle vecchie lire per potenziare e mettere al sicuro pazienti e medici in caso di disastri, oggi messi a dura prova da una serie infinita di irregolarità su cui nessuno sembra vigilare.
E a nove anni dalla sua inaugurazione il Dea necessita di altri lavori, come recita un cartello che avverte i passanti di un nuovo finanziamento di alcune centinaia di migliaia di euro per lavori infiniti. Clamorosi, tanto per non dimenticare, gli errori progettuali scoperti e denunciati su vari organi di stampa proprio durante il cantiere del 2000.
Il più clamoroso quello delle entrate in sala raggi, sottodimensionate per ospitare la nuova Tac a spirale, un gioiello della tecnologia «made in Israele» abbandonato per mesi in cortile. I tecnici non solo non riuscivano a farla entrare attraverso le porte anguste, ma non erano in grado di posizionarla in quanto il pavimento non avrebbe retto il peso del potente macchinario.
E allora? Altri mesi di attesa, altro denaro pubblico speso per adeguare il tutto e centinaia di pazienti, per lo più infortunati gravi, costretti a trasferimenti d’emergenza in altre strutture della capitale. Sempre con il rischio di arrivare troppo tardi.
Ma questo è nulla in confronto alla situazione di oggi, cronicamente al collasso. I dati, affissi dai sindacati di categoria, parlano chiaro. Eccoli i numeri dell’emergenza a Roma e provincia, relativamente a quattro ospedali a confronto, il Padre Pio di Bracciano, il San Camillo, il Giovan Battista Grassi a Ostia e il Sant’Andrea sulla Cassia: 20.386 accessi l’anno per il primo, 68.012 il secondo, 60.707 il terzo, 49.400 l’ultimo.
Ebbene, a fronte di un’utenza seconda solo al San Camillo (ma di poco) il rapporto medici/pazienti al Grassi è di 1 su 3.794, il più alto. Segue il San Camillo con 1 medico su 3.267 pazienti, il Padre Pio con 2.548 accessi a medico, 1 su 1543 per il Sant’Andrea. I medici sono, rispettivamente, 8 a Bracciano, 21 al San Camillo, 16 al Grassi e 32 al Sant’Andrea, decisamente un’«isola felice», almeno rispetto agli altri tre nosocomi, quanto a personale medico.
Note assai dolenti, poi, per quanto riguarda i dati degli infermieri in forza nei Dea dei quattro ospedali. 17 al Padre Pio, 50 al San Camillo, 31 al Grassi, 39 al Sant’Andrea. Rispettivamente un infermiere ogni 1.199 accessi, uno per 1.372, 1 per 1.958 e 1 ogni 1266 accessi al Sant’Andrea. Il Grassi, anche in questo caso, resta in cima alla classifica negativa.
Le carenze del personale infermieristico al «Grassi», come sottolineano i sindacati, sono agghiaccianti: otto al Blocco operatorio, 4 nel reparto Cardiologia - Utic, 3 a Chirurgia donne, 5 a Chirurgia uomini, 4 a Ginecologia, 6 a Medicina donne, 4 a Medicina uomini, 4 a ortopedia, 8 per apertura letti a Rianimazione, 11 al pronto soccorso, 5 per apertura letti a Osservazione breve. Totale 62 infermieri mancanti, un “esercito” di lavoratori.

Per completare la pianta organica dell’ospedale lidense, infine, mancherebbero 15 ausiliari, personale vario per aprire i 6 letti di terapia sub-intensiva oltre ai 19 precari con contratto a tempo determinato, che scadrà nel maggio prossimo.
yuri9206@libero.it

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