Francesco Gambaro
«Non capisco come un progetto già respinto dalla vecchia giunta Burlando oggi possa tornare d'attualità. Al posto della Siquam doveva nascere un centro di aggregazione, non un grattacielo. Fui io a mettere su quest'area un vincolo di destinazione a servizi d'interesse comune». Parola di Renato Drovandi, assessore all'Urbanistica negli anni '70, a margine del presidio organizzato venerdì scorso dal comitato di via Rossetti, con l'adesione di Legambiente e dei consiglieri di Alleanza Nazionale e Liguria Nuova del parlamentino.
Un sit - in di protesta «contro la costruzione di un edificio di otto - nove piani, il cui impatto sul quartiere sarebbe estremamente negativo». Così recitava il volantino distribuito dai manifestanti in viale Pio VII, a pochi metri dall'ex fabbrica di vernici Siquam, dove dovrebbe sorgere il nuovo palazzo (con 28 alloggi residenziali) inviso agli abitanti. Un grattacielo di nove piani per una superficie di 2066 metri quadrati, che ostruirebbe la vista a tutti gli altri edifici della zona.
Altolà, dunque, a un progetto già respinto il 22 dicembre 2004 dalla circoscrizione Levante, a causa dell'altezza eccessiva in cui si svilupperà la nuova costruzione. La querelle dura ormai da un anno. Durante il quale i progettisti hanno aggiustato un po' il tiro, abbassando di un piano (da nove a otto) gli edifici residenziali. Proposta bollata come una «presa in giro» dai residenti. Per loro (e per il parlamentino) la soluzione ideale è un'altra: sviluppare la stessa volumetria in orizzontale, anziché in verticale, in linea con i palazzi della zona, alti tre o quattro piani.
A poco è servita la commissione ad hoc creata da alcuni mesi per valutare il progetto e renderlo meno invasivo. «Purtroppo - sbottano i rappresentanti del comitato - non abbiamo saputo più nulla sullo stato delle cose dall'assessore Morgano». La cui replica è telegrafica: «Prima di ogni decisione della commissione edilizia gli abitanti verranno informati». Ma non incoraggiano all'ottimismo gli scavi e le trivellazioni iniziate in settimana nell'ex colorificio. «Anche se noi siamo d'accordo che tutta l'area venga bonificata», puntualizza Bruno Pavan a nome del comitato. Gli attuali capannoni della Siquam, infatti, sono ricoperti da un impasto di cemento e amianto. «In 30 anni, però, non è stato fatto nulla», accusano i residenti. A spaventarli oggi è il silenzio di Tursi.
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