«Grave dividersi in gruppi I vecchi partiti insegnano»

Paolo Pillitteri, sindaco dal 1986 al ’92, come giudica lo sbandamento che sta attraversando il Pdl?

«Beh, credo che sia una conseguenza naturale della sconfitta elettorale. Ogni volta che succede una cosa del genere i partiti riflettono, si lanciano accuse e controaccuse. Il problema vero è che la crisi viene da lontano...».
Cioé?
«Non si tratta solo della conseguenza della sconfitta alle Comunali. Che il Pdl stesse attraversando un periodo di flessione si vede da qualche anno: per esempio alle Regionali il Pdl era in perdita sulla città di Milano, la vittoria alle Regionali è stata una vittoria di Formigoni, non del partito. E questo è un segnale inquietante. Così alle Provinciali sulla città di Milano la coalizione era indietro. Questi sono indici moltiplicatori di negatività. Così a questo turno...».
Cosa?
«Nulla è più ingannevole dell’ovvio: il partito dava per scontata la vittoria alle Comunali e invece...L’imprevedibilità ha aggravato la crisi interna al partito. Eppure all’apertura della campagna elettorale io avevo consigliato a Letizia Moratti di non sottovalutare l’avversario. Ma c’è una cosa più grave ancora...».
Cioè?
«Il Pdl non è un partito tradizionale, nel senso che non è abituato ad avere strutture forti. Al contrario, è plasmato sulla figura del leader. In un’organizzazione del genere le realtà locali quindi sono solo realtà elettorali. Diciamo che il partito non è riconosciuto come un’entità di peso: se il candidato sindaco è in difficoltà il partito di solito lo aiuta, ma se il partito non ha peso allora la situazione si aggrava. Proprio per il fatto che il Pdl è un partito sui generis c’è enorme difficoltà a discutere, analizzare la situazione e affrontare i problemi. E se il partito è evanescente, ancora più lo sono le correnti interne».
Le difficoltà nell’eleggere il capogruppo in Consiglio comunale cela lotte intestine, correnti contrapposte. Come giudica questo aspetto?
«Da osservatore esterno dico che se non si riesce a eleggere il capogruppo all’opposizione vuol dire che la situazione è veramente grave. Servono criteri oggettivi per individuare il giusto profilo, mentre mi sembra che si stia facendo l’opposto: si parte dalle amicizie per individuare la persona. Come mi ha stupito molto la decisione di Letizia Moratti di fare gruppo a sé».
Ma è nelle sue facoltà...
«Certo ma così si dà il messaggio di un partito veramente diviso e frammentato. Mi sfugge il senso».
Quale potrebbe essere la soluzione? Cosa ne dice delle primarie?
«Un congresso è quello che ci vuole.

E attenzione, prima si fa il congresso poi le primarie. Ecco, bisogna ristabilire le vecchie antiche gloriose abitudini della Prima Repubblica che hanno tenuto per anni. Un bel congresso dove ci si confronta su temi e problemi, poi si fa la sintesi».

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