Da Graziani a Vialli. Se i fantasmi sono azzurri

Non solo Ronaldo, Trezeguet e Raul. In passato è toccato anche agli italiani il ruolo di assenti ingiustificati: Rivera, ma anche Totti e Del Piero

Da Graziani a Vialli. Se i fantasmi sono azzurri

Tony Damascelli

Tutti concentrati su Ronaldo. E gli altri? Facile e comodo mettere a fuoco, prendere la mira e sparare sul fenomeno brasiliano rispetto al quale, stando alle battute perfide dei colleghi sudamericani, babbo natale è magro. Vogliamo parlare dei nostri? Di oggi, di ieri e dell’altro ieri.
Da sempre insomma, ci trasciniamo l’eterna promessa e premessa: sarà la volta buona, sarà il nostro anno, alzeremo la coppa, vinceremo la classifica dei cannonieri. Andando così, a memoria d’uomo, si potrebbe partire dai contemporanei: «Totti protagonista assoluto», lo disse Trapattoni, e fu massacrato dalla stampa, lo ha ribadito Lippi, che però ha goduto, almeno in avvio, di tutela superiore al Trap che fu.
«Del Piero magico», erano i tempi belli, ma lo pagarono Maldini al mondiale francese e Zoff all’europeo belgaolandese, in due anni consecutivi il flop fu totale per Godot (così lo chiamò Gianni Agnelli che aveva capito tutto e aveva letto Beckett).
Gianni Rivera apparve e scomparve in Messico, nel 1970, causa staffetta con Mazzola e conflitto con i capi del football azzurro, compresi alcuni giornalisti che non ne gradivano l’erre alessandrina e il passo leggero; ma quattro anni dopo, in Germania, era davvero l’abatino breriano che inciampava tra i fili d’erba del campo di gioco di Stoccarda, portandosi appresso tutta la nazionale azzurra. Nelle notti trionfali di Spagna ’82 restò al buio Graziani, dopo il gol ai simpatici ragazzi del Camerun (che Ciccio il generoso, mutuando e correggendo lo slogan di Fulvio Bernardini, definì «quelli dai piedi neri») andò in black out, oscurato da Altobelli e Paolo Rossi che segnava a prescindere, contro tutti.
Bearzot pagò il conto a Mexico ’86, puntando sui nostalgici di Spagna, si ritrovò con una squadra datata e moscia, con Vialli a mezzo servizio e il dubbio amletico del portiere, Tancredi o Galli?, che finì per innervosire e snervare entrambi e portò all’eliminazione precoce contro la Francia di Platini.
Fu ancora Vialli, più maturo, a «tradire» i tifosi di Italia ’90. Stradivialli, come lo chiamò Brera alludendo a Cremona e violinista, fingeva malanni muscolari, Vicini abboccò ma erano le notti magiche di Totò Schillaci ad avere messo in crisi l’attaccante della Sampdoria, di carattere fragile.
Quando sbarcammo in America nel 1994 avevamo tante belle gioie e un allenatore serio, Arrigo Sacchi, con idee difficili da digerire e comprendere. Una di queste mandò fuori fase Beppe Signori, oggi opinionista mondiale per Rai. L’attaccante della Lazio si fece da parte, strillando e prendendo a calci le sedie dell’albergo, quando Sacchi gli comunicò di preferirgli Massaro.


Robe azzurre, dunque, di attori non protagonisti o protagonisti mancati. Roba vecchia e nuova, secondo usi e costumi non esclusivi dell’Italia. Riconcentriamoci su Ronaldo, diamo un’occhiata a Raul, non perdiamo di vista Trezeguet. Chi sarà il prossimo assente ingiustificato?

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