Anche dopo il sì del Parlamento alla manovra di austerity, la Grecia rimane un equilibrista dalle tasche piene di piombo. Se la caduta verso il baratro della bancarotta è stata evitata, il filo su cui si muove Atene è sempre sottile. E potrebbe spezzarsi da un momento all’altro. Non certo casuale è il monito lanciato ieri dal Fondo monetario internazionale, ora nelle mani di Christine Lagarde, ad attuare le misure da 78 miliardi di euro necessarie a cancellare, almeno in parte, la macchia di troppi anni di disinvolta gestione contabile. A causa del montante malessere sociale, ben visibile dopo due giornate di guerriglia urbana, e della quasi certezza che queste stesse misure di risanamento condanneranno il Paese alla recessione, il governo potrebbe venir colto dalla tentazione di annacquare l’impianto draconiano della manovra. Sarebbe un errore irrimediabile, perché condurrebbe la Grecia dritta verso il default.
Va quindi messa una bella tara sulle dichiarazioni rese ieri da alcune personalità di spicco della scena europea, a cominciare da quelle del Cancelliere tedesco, Angela Merkel («L’approvazione delle misure di austerity è una splendida notizia»), oppure del presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, «felice e sollevato». Così come il movimento da “rally” delle Borse, salite anche di oltre il 2% (+2,11% Milano) con picchi ben più marcati dei titoli bancari, è da valutare con cautela. Bisognerà vedere nei prossimi giorni quale direzione prenderanno i mercati e se, soprattutto, si attenueranno le tensioni - ancora molto forti - sui titoli di Stato.
L’atto di responsabilità compiuto dal Parlamento ellenico è stato dunque solo un primo passo. Comunque importante: permette ad Atene di ricevere una boccata d’ossigeno grazie allo sblocco della quinta e ultima tranche di aiuti (12 miliardi sui 110 complessivi del pacchetto). Provvederà l’Eurogruppo, il prossimo 3 luglio, a staccare l’assegno. Poi, entreranno nel vivo le discussioni sulle modalità del secondo intervento finanziario, in assenza del quale la Grecia sarebbe condannata al capolinea finanziario. La cifra in gioco è grossa: si parla di altri 110 miliardi. Un’altra cambiale in scadenza per Ue, Fmi e Bce, il cui peso finale sarà però commisurato al grado di partecipazione al salvataggio dei creditori privati. La formula “alla francese”, in base alla quale banche, assicurazioni e fondi rinnoveranno il 70% dei sirtaki bond che giungeranno in scadenza, è condivisa dalla Germania. Anche Berlino, dopo Parigi, ha infatti raggiunto un’intesa di massima con i privati, confermata ieri da due colossi del credito come Deutsche Bank e Commerzbank. L’accordo permetterà tra l’altro alla Merkel di rendere meno amara la pillola ai contribuenti tedeschi.
Due punti rimangono però in sospeso. Il primo è legato al giudizio delle agenzie di rating, anche se alcune fonti assicurano che la definizione del salvataggio con il contributo delle stesse banche creditrici elimina il rischio che la soluzione possa essere equiparata a un credit event, cioè a un default tecnico.
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