Le banche francesi, le più esposte fra i creditori internazionali della Grecia, escono allo scoperto. Con un piano di ristrutturazione che coinvolge solo il 50% del debito di Atene, ma impegna gli istituti creditori a rinnovare la propria esposizione fino a 30 anni, a fronte di un complesso meccanismo di garanzie. A una settimana dal Consiglio dei ministri finanziari dell’area euro chiamato a sbloccare nuovi prestiti per Atene, e in vista del voto parlamentare di questa settimana sull’austerity greca, cominciano dunque a trapelare i dettagli della ristrutturazione «soft», o volontaria, con cui l’Europa punta a far pagare anche ai creditori privati il salvataggio della Grecia, per evitare di innescare un default dagli esiti imprevedibili.
Se ne dovrebbe parlare - scrive il Wall Street Journal - in una riunione dell’Istituto di Finanza internazionale oggi a Roma. Lo scopo è chiudere l’accordo entro domenica prossima: i governi nazionali sono in contatto con banche, assicurazioni e altri creditori.
E da Parigi - esposta per oltre 50 miliardi di euro verso la Grecia - arriva la prima proposta concreta, frutto del negoziato fra il ministero delle Finanze e le banche, capitanate da Bnp Paribas. Secondo Le Figaro, la proposta francese prevede che le banche reinvestano in titoli di Stato greci il 70% complessivo dei bond che arrivano a maturazione: un 50% in nuovi titoli trentennali, e un 20% destinato a un fondo speciale che funzionerebbe da polizza assicurativa, garantendo i creditori dall’eventualità che la Grecia non riesca a pagare parte dei titoli trentennali.
Intanto, la Bri - la Banca delle Banche centrali - lancia l’allarme: il risanamento dei conti pubblici dei Paesi avanzati è divenuto quanto mai necessario e, se irrisolto, «potrebbe innescare la prossima crisi». E nel suo rapporto annuale ricorda come «la turbolenza collegata alla crisi in Grecia, Irlanda e Portogallo è nulla di fronte alla devastazione che scaturirebbe dalla perdita di fiducia degli investitori nel debito sovrano di un’economia maggiore». Per i Paesi al centro della crisi, quindi, occorre «innalzare il risparmio privato e intraprendere fin da ora azioni sostanziali per ridurre i disavanzi». Dal canto suo, il direttore generale della Banca d’Italia Fabrizio Saccomanni, presente all’assemblea assieme al governatore Mario Draghi (appena nominato presidente della Bce) e al vice direttore Ignazio Visco, ribadisce la solidità del sistema bancario italiano di fronte alla crisi greca. «C’è un problema di contagio ma la malattia colpisce di più i deboli».
Dall’altra parte dell’Oceano, intanto, Barack Obama prende in mano le redini delle negoziazioni per la riduzione del deficit, segnalando che la posta in gioco è alta: il mancato accordo sull’aumento del tetto del debito causerebbe agli Stati Uniti il default con conseguenze «catastrofiche», avverte Mohamed El-Erian, ad di Pimco, il maggiore fondo comune di investimento al mondo.
Oggi il presidente Obama incontrerà dunque i leader del Senato per cercare di risolvere l’impasse che si è venuta a creare in Congresso - dopo che i Repubblicani hanno abbandonato il tavolo delle trattative attaccando i Democratici, secondo i quali un accordo per ridurre il deficit deve includere un aumento delle tasse - e raggiungere un’intesa per aumentare il limite legale del debito entro il 2 agosto, termine fissato dal segretario al Tesoro, Timothy Geithner, prima di un eventuale default.
E il Financial Times lancia l’allarme:se gli Stati Uniti perdessero il rating di tripla A, secondo uno studio della divisione di ricerca di McGraw-Hill, gli investitori sul mercato dei bond americano si troverebbero a fronteggiare perdite per 100 miliardi di dollari.
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