Greenspan lancia l’allarme: «Attenti al protezionismo»

De Rato (Fmi): il calo del dollaro rischia di scatenare la reazione dell’Europa

nostro inviato a Washington

Nei momenti difficili, dicono i pellerossa, ascoltate il vecchio saggio. E il grande vecchio della finanza mondiale, Alan Greenspan, ha parlato chiaro, concludendo la «Per Jacobson lecture», la «lezione» dedicata al primo direttore generale del Fmi. Il peggior pericolo per l’economia mondiale non viene dagli squilibri finanziari globali, «quanto dal sentimento protezionista che questi squilibri provocano». L’ex presidente della Fed avverte inoltre che «bisogna essere coscienti di quanto possa essere pericolosa una svolta protezionista», e ha espresso la speranza che si determini una «soluzione benigna» agli squilibri internazionali. Il mercato dei prodotti legati ai mutui subprime, ha detto ancora l’ottantunenne banchiere newyorchese, «sarebbe esploso in un modo o nell’altro», e adesso «si è ormai prosciugato». E ha osservato che il calo del dollaro è dovuto al sempre minore appeal dei titoli del debito pubblico Usa presso gli investitori.
Di un possibile risorgere di pressioni protezionistiche, a seguito di un eccessivo deprezzamento del dollaro, parla anche Rodrigo de Rato. Nel suo ultimo discorso all’assemblea del Fmi, il direttore generale uscente sottolinea che «ancora non si conoscono tutti gli effetti del declino del mercato immobiliare e del caso subprime sull’economia americana. Un’ulteriore caduta dei mercati finanziari e dei prezzi delle case potrebbe condurre a un rallentamento globale». De Rato è anche preoccupato per l’eccessivo deprezzamento del dollaro, e per l’effetto di tale andamento sulla fiducia negli asset denominati nella moneta Usa. «C’è il rischio che l’apprezzamento del cambio nei Paesi dell’area euro - spiega - possa colpire le prospettive di crescita economica, e che in tali circostanze possano riemergere pressioni protezionistiche». Le economie più importanti, aggiunge de Rato con un evidente riferimento agli Stati Uniti, «devono riconoscere che gli squilibri globali non possono essere corretti soltanto con i movimenti delle valute».
Incominciati con le note relativamente ottimistiche sull’andamento della crisi, contenute nel World Economic Outlook, i lavori dell’Assemblea annuale Fmi si concludono in un’atmosfera assai meno positiva. I comunicati del G7 e dell’International Monetary and Financial Committee (l’organismo politico del Fondo, presieduto per la prima volta da Tommaso Padoa-Schioppa) non hanno rassicurato i mercati, tutt’altro. Come ha detto Mario Draghi, stavolta sono i mercati a guidare le danze. Ma tutto questo non significa che si debba pensare a passi indietro. «Il processo di innovazione finanziaria è irreversibile, e pensare di fermarlo con regole più stringenti sarebbe una scelta perdente», osserva il direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni.

Non bisogna demonizzare i derivati e i prodotti strutturati, aggiunge, ricordando che il sistema bancario italiano è esposto in maniera molto limitata alla crisi subprime, per un importo che non supera l’1,5% del capitale di sorveglianza.

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