Grimaldi vince la sfida delle autostrade del mare

di Ferruccio Repetti

Ce l’ha fatta. Ancora una volta. E soprattutto, come sempre in passato, ha mantenuto fede all’impegno, diavolo di un dottor Aldo! Ha detto un giorno: «È l’ora dei cruise-ferry, le “navi bianche“, il comfort della nave da crociera abbinato alla funzionalità del traghetto». Ha vinto la scommessa, che poi tanto scommessa non era, quanto vera e propria sfida imprenditoriale. Basata sulla razionalità più che sull’avventura. Poi ha fiutato il mercato, ha capito - per primo, se non fra i primi - cosa significa parlare di autostrade del mare, camion in viaggio nella stiva invece che a intasare la viabilità ordinaria.
E allora ha detto: «È venuto il momento dei ferry-cruise, le “navi blu“, traghetti con cabine comode come in crociera». Ne ha ordinate otto, pareva un azzardo fuori mercato, una sfida sul tavolo verde della roulette piuttosto che sulle prospettive di mercato. E invece... Diavolo di un comandante! Ancora una volta ci tocca dargli ragione, a questo dottor Aldo Grimaldi, 88 primavere, ben saldo al timone di una nave che trasporta il messaggio: «Guardiamo avanti, a testa alta, con l’ottimismo della ragione contro il pessimismo del maniman». Ce ne fossero, di imitatori, in questa schiatta di presuntuosi imprenditori italioti, braccino corto, micraniosi, perfino lugubri nelle loro previsioni, ma pronti, prontissimi a investire purché non si rischi nulla e ci sia, comunque, la copertura delle fidejussioni (pubbliche) e dagli ammortizzatori sociali. Lui, invece, Aldo Grimaldi, è fatto differente. E questa «storia» degli otto ferry cruise lo dimostra: a poco più di quattro anni dalla firma dell’accordo - dicono le cronache - e nel pieno rispetto dei tempi previsti dall’armatore e dal cantiere, «Energia», l’ultimo dei ferry cruise che fanno parte della commessa da 500 milioni di euro di Grimaldi Holding ai Nuovi cantieri Apuania è stato consegnato alla società genovese.
Basta per dirsi soddisfatto e, magari, godersi in qualche modo la pensione? Neanche per sogno, chi lo pensa non ha capito niente del dottor Aldo, il decano degli armatori italiani. Questo qui, lo ribadisco, è un tipo diverso, nulla a che fare con quelli, troppi, che ci troviamo di fronte tutti i giorni. Certo, un po’ autoritario oltre che autorevole è, certo un po’ ruvido oltre che rigido è, ed esigente, intransigente, tetragono, e chi più ne ha più ne metta. Solo che, «in questo mondo di gnocchi», come scriveva Vittorio G. Rossi che di mare e uomini di mare s’intendeva, eccome, queste sono qualità, altro che difetti.

Provate a dirlo a uno dei figli, ad Alessandra, ad esempio, che pure dirige da par suo, con geniale creatività, gli arredi di bordo e la coreografia della presentazione delle navi (suoni, luci ed effetti speciali hollywoodiani in un contesto di perfetto stile italiano): vi dirà, Alessandra, che, sì, insomma, è lei che studia, progetta, propone, ma poi in fondo è lui che dispone, nel senso dell’ultima parola, del tocco finale, della zampata decisiva. Ingerenza indebita? No: esperienza, capacità, lungimiranza. Come per quella faccenda degli otto ferry cruise, appunto. Tanto vince sempre lui, diavolo di un dottor Aldo!

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