da Kabul
Un «gruppo di sospetti» che la polizia afghana ha identificato e su cui si sta ancora indagando, prima di giungere a eventuali arresti. Si limitano a questo le notizie ufficiali che giungono dal ministero dellInterno di Kabul sulle indagini in corso per risalire agli autori dellattentato del 5 maggio scorso nella Musay valley, costato la vita al tenente Manuel Fiorito e al maresciallo Luca Polsinelli.
Ancora nessuna conferma dunque sui presunti quattro arresti che sarebbero stati compiuti il giorno stesso dellattentato dalla polizia afghana: quattro talebani fra i quali, secondo fonti della stessa polizia che avevano diffuso la notizia chiedendo lanonimato, anche il presunto esecutore materiale dellagguato compiuto con un ordigno posto lungo la strada percorsa dai militari italiani.
Il portavoce del ministero degli Interni non ha voluto dire di più: né il numero preciso delle persone identificate, né il loro ambito di provenienza. «A qualunque gruppo gli attentatori appartengano - ha tagliato corto - si tratta comunque di nemici del popolo afghano, ostili al processo di stabilità e democrazia avviato nel Paese». Una considerazione simile a quelle espresse il giorno dellattentato dal generale Mauro del Vecchio, reduce da nove mesi di guida della missione Isaf in Afghanistan.
Daltra parte, come rilevato in questi giorni anche dai responsabili dellantiterrorismo Usa, vi sarebbero segnali di una saldatura in atto tra talebani, signori della guerra afghani, componenti di Al Qaida e narcotrafficanti. E se la rivendicazione dellattentato agli alpini italiani subito compiuta dal responsabile talebano Abdul Rauf ha incontrato qualche scetticismo anche da parte della Procura di Roma che indaga per il reato di strage con finalità di terrorismo, la pista talebana rimane comunque al centro dellattenzione.
Così come quella legata alla figura dellex signore della guerra Gulbuddin Hekmatyar, che proprio il giorno prima dellattacco agli alpini aveva dichiarato di porsi sotto la guida dei leader di Al Qaida, Osama Bin Laden e Ayman al Zawahiri, per la sua guerra santa contro la presenza americana in Irak.
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