Economia

Il «guardiano» degli ormeggi intelligenti

Il progetto viene sperimentato nelle aree delle Cinque Terre e a Villasimius

Alberto Mazzuca

È un trentottenne intraprendente, molto intraprendente. Già una quindicina d'anni fa Giovanni Goria, all'epoca ministro Dc ed ex capo di governo, lo aveva inquadrato bene presentandolo a Roberto Mazzotta, banchiere e altro pezzo da novanta della Dc, con queste parole: «È un ragazzo che si farà». E in effetti Paride De Masi, originario di Casarano (Lecce), di strada ne ha macinata parecchia: inizia a vent'anni come immobiliarista, costruendo case e alberghi e trovando anche il tempo di fare l’assessore (Dc)allo Sport e ai Lavori pubblici del suo paese nel ’94; diversifica poi a trenta nell'energia rinnovabile alleandosi prima con l'Enel di Franco Tatò e in seguito con l'Actelios del gruppo Falck; ora approda, quando è vicino ai quaranta, nei servizi ambientali varando insieme al ministero dell'Ambiente e con l'accordo di Legambiente un progetto, chiamato «Smart Park», per l'ormeggio controllato di imbarcazioni da diporto nelle aree marine protette. Due per il momento, alle Cinque Terre e a Villasimius. Ma l'obiettivo, non lo nasconde, «è di estenderlo a tutte le aree protette, una ventina».
I «gavitelli intelligenti». Questo progetto, presentato appena poche settimane fa, il 5 luglio nell’ambito di Goletta verde, consiste in un sistema telematico completamente informatizzato che consente l'ormeggio ad un numero predeterminato di barche a dei gavitelli «intelligenti» in quanto sono in grado di riconoscere, attraverso un pass elettronico che in questo caso di chiama «seapass», che non ci siano degli abusivi tra chi ormeggia. E dove sta l'innovazione? Innanzitutto con questo progetto, inventato da un ingegnere ex Alenia, Valerio Lombardi, brevettato a livello mondiale e sviluppato grazie a De Masi, viene evitato l'ancoraggio tradizionale di panfili e yachts garantendo quindi la protezione ambientale del fondale; inoltre i gavitelli intelligenti, costruiti con una particolare lega reticolare che permette ai pesci persino di nidificare all'interno, sono in grado di trasmettere ad un centro operativo sulla terraferma tutta una serie di richieste avanzate da chi è stato autorizzato all'ormeggio. Dall'invio di una barca in grado di ritirare, ad esempio, i rifiuti che così non vengono gettati in mare ad un servizio completo di catering.
Spiega De Masi: «La genialità del progetto sta proprio nel dialogo in tempo reale sui vari tipi di servizi». La fantasia di De Masi corre già a briglia sciolta dal momento che «Smart Park» può essere applicato non solo nelle altre aree protette ma in tutte le aree marine. E sogna già di piazzare un gavitello intelligente davanti ad ogni spiaggetta incantevole.
Classe 1966, primo di due fratelli, figlio di un proprietario terriero del Salento che, dice, «è andato a lavorare in un’azienda di appalti per far fronte ai pesanti costi della terra», Paride De Masi è anche piuttosto originale. Prende il diploma all'istituto tecnico industriale, indirizzo telecomunicazioni, perché ha uno zio che è il direttore della rete salentina di quella che sarà la Telecom. Ha insomma la strada professionale già segnata. Ma quando si presenta al concorso per l'assunzione, a metà degli anni Ottanta, consegna il compito in bianco perché capisce che quello non è un mestiere che gli piace. E che in fondo a lui un posto fisso non interessa. Va così a lavorare per un costruttore di case di Casarano, disseminando le zone di Brindisi, Lecce e Taranto di alloggi. Ha vent'anni e fa in fretta ad imparare, diventando nel '90 amministratore delegato di quella società, la Fincos. Ma quando quel costruttore decide di diversificare nei lavori pubblici, lui non ci sta. Si mette in proprio creando insieme al fratello Ivan la Italgest e occupando lo spazio lasciato libero dall'ex datore di lavoro. Spesso va anche a Roma, ogni giovedì Goria tiene una sorta di riunione, e così conosce Mazzotta, presidente della Cariplo, la potente Cassa di risparmio milanese che vuole espandersi in Puglia. La strada diventa così tutta in discesa. De Masi si fa anticipare i soldi dalla banca per comprare i terreni su cui costruire dando in garanzia proprio quei terreni che ancora non sono suoi. Di fatto acquista i terreni con i soldi della banca. Ma alla fine sono tutti contenti: la banca fa affari, De Masi fa affari e i compratori acquistano case di qualità.
Il pallino dell’energia. L'attività immobiliare va molto bene, il giovane De Masi arriva anche a costruire un centinaio di case e alberghi all'anno. Non solo in Puglia ma anche a Monza, Roma, Perugia, Forte dei Marmi. Ma ad un certo punto morde il freno. Sposato con una compaesana, Elvira Masciullo, che ha la passione per il design, e padre di una bambina, Chiara, De Masi vuole fare dell'altro. Riesce anche a laurearsi in economia all'università di Lecce e scopre, grazie ad un ingegnere romano ex Eni, il mondo dell’energia alternativa. Cioè l'energia elettrica ottenuta dal biogas delle discariche. Dice: «Ma questo è il futuro». Ed entra con una piccola quota in un'aziendina che produce biogas. Poi in un'altra e in un'altra ancora fino ad avere tredici partecipazioni in società diverse che possiedono tredici impianti sparsi per l'Italia. Riesce quindi a prendere, una dopo l'altra, la maggioranza del capitale grazie anche all'appoggio di una banca d'affari, la Meliorbanca di Pierdomenico Gallo, e a quel punto le riunisce tutte sotto un'unica holding di nome Powerco. Oltre a tutto alla fine degli anni Novanta passa la legge Bersani che impone ai produttori di energia di avere almeno il 2% della produzione da fonti innovative. E De Masi capisce, dirà, «che la partita si gioca lì». Così, con alle spalle quella Powerco, bussa alle porte dei produttori di energia elettrica: da Franco Tatò all’Enel, da Fulvio Vento all'Acea, la municipalizzata romana, da Massimo Orlandi del gruppo Cir. E trova in particolare l'interesse di Tatò che ha costituito Elettroambiente ma non ha nessuno a cui farla gestire. «Eccomi qua», dice De Masi. E conferendo Powerco in un aumento di capitale, ottiene il 30% di Elettroambiente e ne diventa l'amministratore delegato. Con l'idea di trasformare le vecchie centrali Enel alimentate ad olio combustibile in modernissimi impianti per la gassificazione dei rifiuti. «Vere e proprie bonifiche ambientali», dirà riuscendo a mettere attorno a un tavolo giapponesi dell'Hitachi, americani della Westinghouse e tecnici Enel a discutere delle nuove tecnologie. Nel 2002 c'è l'accordo ma pochi mesi più tardi cambia il vertice dell'Enel e al posto di Tatò arriva Paolo Scaroni.
Energia dai rifiuti. Le strategie di Scaroni non sono le stesse di Tatò, così l'Enel decide di non investire più in quel settore. E De Masi si ritrova a chiedersi: che faccio ora? Decide di esercitare il diritto di prelazione comprando anche il restante 70% di Elettroambiente dopo essere andato a bussare alla porta di Alberto Falck il quale, dopo la scissione Sondel, opera nel settore dell'energia quotando in Borsa la società Actelios. Falck è favorevolmente interessato alla proposta De Masi in quanto l'Actelios sarebbe diventata la più grande azienda europea nella produzione di energia da rifiuti. Ed allora De Masi conferisce Elettroambiente ad Actelios diventando il secondo azionista privato con il 15% del capitale e coprendo il ruolo di vicepresidente operativo con delega allo sviluppo. Actelios finisce nel segmento Star e l'anno scorso è stata individuata da Mediobanca come la seconda azienda per redditività dopo la Geox.
A questo punto De Masi, in perenne viaggio tra Roma e Milano con puntate ogni weekend a Lecce dalla famiglia, si guarda attorno. Ha giù ristrutturato il suo gruppo, che ormai viaggia su un giro d'affari di un centinaio di milioni di euro, ponendo alla testa di tutto la holding di famiglia, la Sapa, italianissima e controllata da lui, dal fratello, dai genitori e dalla moglie. Dalla Sapa dipende il Gruppo Italgest, formato da Italgest Energia con il 15% nell'Actelios, Italgest Immobiliare (da sola fattura 25 milioni di euro) e Italgest Servizi affidata a un manager esterno, Rocco Serlenga, barese. È la Italgest Servizi destinata a crescere alla grande: non solo grazie alla Smart Park ma anche a una serie di brevetti innovativi, dal riscaldamento dei pavimenti nelle case al mattone fatto da un composto di laterizi e rifiuti.
Dice semplicemente: «Non mi fermo, sono ancora giovane».


(63. Continua)

Commenti