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La guerra della Cina ai tatuaggi: «Vietati a chi indossa l’uniforme»

La guerra della Cina ai tatuaggi: «Vietati a chi indossa l’uniforme»

Manila Alfano

Il tatuaggio divide gli eserciti dell'est e dell'ovest e in fatto di reclute Stati Uniti e Cina non sono stati mai così lontani. In America mancano i soldati e così il nuovo codice di condotta dell'esercito cambia per sempre. La carica patriottica seguita all'11 settembre si è affievolita. Nel 2005 l'esercito non ha raggiunto l'obiettivo previsto di 80mila nuove reclute. All'appello ne mancano settemila. E allora ecco che l'esercito, in perenne crisi da mancanza di vocazioni dice «sì» ai tatuaggi. Se fino all'altro giorno la regola per chi voleva entrare nell'esercito era «tatuaggi sì ma solo ben nascosti sotto la divisa», ora, le liste di reclutamento si aprono anche ai super tatuati. Un segnale di apertura che sembra necessario, anche perché, secondo le ultime statistiche, 16% degli americani adulti ha un tatuaggio (a seconda del credo politico: 16% democratici, 14% repubblicani). E nella fascia di età dai 25 ai 29 anni la percentuale sale al 36%.
I generali del ministero della difesa diventano più tolleranti e il Pentagono si mostra più aperto e al passo con i tempi. Verranno accettati anche i ragazzi con tatuaggi sulle mani o nella parte posteriore del collo. Via libera anche alle aspiranti soldatesse cultrici del «permanent makeup», le donne che si fanno «stampare» l'eye-liner sulla pelle oppure il colore sulle labbra.
Se Washington arruola quasi tutti, senza farsi problemi di classe o bon ton, Pechino fa selezione e scarta chi non è degno di indossare la divisa degli uomini di Mao. Tre giorni fa l'esercito popolare cinese ha pubblicato le nuove regole per l'ammissione. Misure che promettono di diventare sempre più dure. Nessuna speranza per chi ha tatuaggi, russa, fa uso di droghe o è semplicemente in soprappeso; per tutti gli altri poi è previsto un test psicoattitudinale che scandaglierà a fondo la psiche dei candidati per capire la loro personalità e la presenza di eventuali disturbi mentali. Per Li Chunming, ufficiale sanitario dell'arma, «i tatuaggi macchiano indelebilmente l'immagine delle truppe. E lo stesso vale per le cicatrici seguite alla rimozione di vecchi tatuaggi». Qualche chance di sopravvivenza se la sono assicurata quei tatuaggi che simboleggiano l'appartenenza a una minoranza etnica. Ma solo a patto che non affiorino con troppa evidenza dalle maniche corte dell'uniforme estiva. Nessuna pietà neppure per chi russa. Per quanto riguarda il russare, qualcuno si chiede come riusciranno i test medici a scovare il difetto e calcolarne l'intensità, perché solo quelli che fanno tremare le mura della caserma sono passibili di esclusione. Più facile invece sarà individuare i ragazzi che hanno cominciato a fare uso di droghe, piaga in crescita esponenziale tra i giovani cinesi: tra le altre novità infatti, all'atto del reclutamento, bisognerà sottoporsi ad un severo esame delle urine. «Sono tutte misure necessarie - ha spiegato Miao Danmin, docente di psicologia interpellato per la preparazione dei test -. Serviranno per due scopi paralleli: la salvaguardia dell'integrità dell'esercito e quella degli stessi adolescenti. Quando si è ancora teenager, condizione nella quale si trova la maggior parte di quelli che fanno richiesta per entrare nei ranghi militari, non è facile prendere la decisione giusta. In questo modo, noi li aiutiamo».

Un giro di vite che non sembra spaventare l'esercito cinese.

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