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La guerra dei No Tav: 5 arresti, 200 agenti feriti

Giornata di battaglia a Chiomonte. In azione pure teppisti venuti dall’estero, che usano tecniche paramilitari. La condanna di Napolitano: "Violenza eversiva". Cota, Fassino e Saitta: solidarietà ai poliziotti. Il leader dei No Tav Perino gongola: "Abbiamo vinto. Violenti? Lo è chi spara lacrimogeni". Video: 1 - 2

La guerra dei No Tav: 5 arresti, 200 agenti feriti

nostro inviato Chiomonte (Torino)

Dalle ultime case di Chiomonte si vedono le nuvolette di fumo che si alzano, laggiù, dall’altra parte della valle. Alla Maddalena. E si sente il tonfo sordo dei lacrimogeni. È un crepitare continuo che comincia prima di mezzogiorno e finisce alle sei di sera. «È stata una giornata di guerra», ripetono senza tanti giri di parole gli agenti che hanno difeso per sei ore la «zona rossa», insomma il cantiere dell’Alta velocità che muove i primi, difficilissimi passi.

A nulla sono serviti i pattugliamenti, i sequestri, i controlli nel week end. La domenica si chiude con un bilancio impressionante: centoottantotto feriti solo fra le forze dell’ordine. Un primo dirigente, cinque funzionari, 130 poliziotti; e poi 37 carabinieri e 15 finanzieri. Più, alcuni manifestanti. Un militare viene centrato da una bomba carta e sviene, un altro ha il setto nasale fratturato, molti vanno in ospedale a farsi medicare. Le ambulanze fanno avanti e indietro per tutta la giornata e gli altoparlanti ripetono un solo messaggio: «Portate via i bambini».

Doveva essere una manifestazione pacifica, per gli organizzatori. E in effetti così si presenta di buon mattino il popolo No Tav. Giovani, coppie, famiglie colorate, con bebè sul passeggino e in qualche caso cane con foulard di lotta regolamentare, sindaci con la fascia tricolore. Striscioni, tamburi, macchine fotografiche e zaini in spalla: un corteo parte da Exilles, un secondo da Giaglione, il terzo direttamente da Chiomonte. L’obiettivo è, a valle, la centrale idroelettrica sulla Dora Riparia da cui comincia la zona rossa. I manifestanti usciti da Chiomonte scendono sui tornanti che portano al fiume. In basso, la polizia ha eretto uno sbarramento apparentemente invalicabile. Barriere di cemento su cui sono appoggiate reti metalliche.

Urla, insulti, canti. Sembra la solita manifestazione. Il solito serpentone. Ma non è così. A sorpresa gli scontri cominciano sull’altro versante della zona rossa, a monte, sui pendii scoscesi della Maddalena, ricoperti da boschi. In teoria è il lato più difficile per andare all’attacco dell’embrionale cantiere che i manifestanti vogliono sradicare. Invece è da lì che i commando, prima mimetizzati nel corteo di Giaglione, scendono rapidi sulle forze dell’ordine che difendono quella zolla di terreno. Dai tornanti di Chiomonte si vede, o meglio si intuisce, la battaglia che si svolge a meno di un chilometro in linea d’aria. Mille-millecinquecento manifestanti contro settecento-ottocento fra poliziotti, carabinieri e finanzieri. Gli antagonisti sono ben organizzati. Indossano i caschi, hanno le maschere antigas, si proteggono con scudi di plexiglas. E scagliano contro gli agenti di tutto: persino bombe carta e bottiglie di ammoniaca. La polizia risponde con i lacrimogeni e gli idranti. Si va avanti così per tutto il pomeriggio: gli antagonisti combattono, gli altri guardano lo spettacolo.

E a un certo punto la polizia deve chiamare i rinforzi, mentre gli scontri sfiorano l’autostrada per Bardonecchia che viene chiusa. Fra i duri e puri c’è un nocciolo di due-trecento elementi particolarmente agguerriti. Ragazzi che affrontano la tempesta con straordinaria disinvoltura: quando piovono i lacrimogeni si inginocchiano e portano la mascherina alla bocca, poi tornano ad attaccare, dandosi il cambio. Escono allo scoperto armati di bastoni, lanciano pietre, rientrano nei boschi come scoiattoli. Qualcuno ipotizza che si tratti di black bloc e nota accenti tedeschi, francesi, inglesi, ma c’è troppa confusione e mancano le certezze. Ad un certo punto, anche le barriere alla centrale idroelettrica vengono travolte: la guerriglia si riaccende, violenta, pure là, nel punto esatto in cui Beppe Grillo ha incendiato la folla. Quattro dimostranti vengono arrestati, un quinto è denunciato.

La battaglia si esaurisce solo alle sei di sera. Ma è solo una tregua passeggera, in vista della prossima sortita. «Quel che accaduto in Val di Susa - afferma in serata il presidente della repubblica Giorgio Napolitano - per la responsabilità di gruppi addestrati a pratiche di violenza eversiva, sollecita tutte le istituzioni e le componenti politiche democratiche ad una netta condanna».E solidarietà alle forze dell’ordine arriva anche da un comunicato congiunto, firmato con spirito bipartisan dal sindaco di Torino Piero Fassino, dal presidente della provincia Antonio Saitta e dal governatore Roberto Cota. Ma il leader storico dei No Tav Alberto Perino non arretra: «Volevamo assediare il cantiere, abbiamo vinto. Abbiamo visto, invece, chi usa la violenza e chi tira i lacrimogeni ad altezza d’uomo». Oggi alla Maddalena tornano gli operai.

Per ricominciare a scavare.

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