Tremonti si giocherà tutto sul suo terreno. Buona parte delle tasse e dei tagli inizialmente presenti in manovra verranno coperti (oltre che da un ritocco alle pensioni) da una pesante stretta su evasione e comportamenti elusivi. Sulla carta non ci sarebbe molto da scaldarsi, dato che è dalla notte dei tempi che uscite certe di bilancio sono state coperte da ottimistiche previsioni di lotta all’evasione, tuttavia in molti ieri potrebbero aver avvertito un leggero allarme. Tremonti infatti può essere discutibile quanto si vuole in quanto a visione di lungo periodo e strategie per la crescita, però se c’è una cosa su cui tutti concordano è che la materia fiscale la conosce bene e il sospetto che, messo alle strette, sappia escogitare misure brutali è quasi certezza.
È infatti possibile (anche se mancano dettagli) che l’Agenzia delle Entrate possa trovarsi libera di colpire tutte le situazioni sinora formalmente corrette, ma chiaramente elusive che hanno spesso consentito a schiere di professionisti dell’occultamento del reddito di sfoggiare tenori di vita altissimi abbinati a dichiarazioni dei redditi da fame. Stiamo parlando soprattutto del fenomeno delle «intestazioni fittizie » e delle «interposizioni fiscali »di cui si è accennato a caldoall’uscita del vertice di ieri ad Arcore che ha stravolto la manovra economica. Il fenomeno è ben conosciuto: quando il fisco cerca di risalire al reddito del guidatore dell’auto di lusso, dell’attico in centro o del megayacht, spesso si trova di fronte a un fantasma.
Quasi mai il proprietario del bene infatti ha un nome e un cognome: molto spesso invece il proprietario-spettro consiste in una miriade di società di comodo in perenne perdita o in miracoloso pareggio, fiduciarie estere (vedi Casa Fini/Tulliani a Montecarlo, tanto per non dimenticare), immobiliari lussemburghesi e, talvolta, molto banalmente, vecchietti nullatenenti e del tutto inconsapevoli. Il ministro a questo punto potrebbe (ipotizziamo) ricorrere a un espediente che già in altre situazioni ha sfruttato con risultati eclatanti, vale a dire all’arma definitiva dell’inversione dell’onere della prova.
In sostanza il fisco sarebbe libero di presumere che chi viene pescato in possesso di un bene ne sia il diretto proprietario a nulla valendo (salvo presentazione di inoppugnabile documentazione) l’interposizione di un qualsiasi tipo di intestazione di comodo. Non si tratta di un compito legislativamente semplice e, dal punto di vista della civiltà, non è certamente roba da palati fini: in teoria in uno stato «normale» dovrebbe essere il fisco a provare le proprie pretese, non il cittadino a doversi «discolpare », tuttaviasituazionieccezionali impongono a volte misure draconiane.
L’altro paletto su cui potrebbe basarsi questo salto di qualità della lotta all’evasione (ricordiamo che la prima grande accelerazione all’efficacia degli accertamenti si è dovuta proprio alla riforma delle esattorie escogitata dallo stesso Tremonti nel 2004) risiede poi nella compartecipazione degli enti locali alla scoperta dei furbetti fiscali. Il mix sulla carta potrebbe essere letale per l’evasore: gli occhi (interessati) dei Comuni che ben conoscono i loro cittadini, abbinato al braccio informatizzato e potenziato dalle nuove norme dell’Agenzia delle Entrate.
Se questa strada fosse applicata con rigore sarebbe la migliore risposta alla demagogia dei
leader di opposizione che, nonostante le misure prese fossero in gran parte le stesse da loro proposte, hanno sempre accusato il governo di benevolenza nei confronti dei ricchi e degli evasori. Twitter:@borghi_claudio
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