Accordo Ue, a Kiev gli asset russi congelati. "Uccidere Zelensky? Costa 74mila euro"

L’intesa: un miliardo entro l’estate. Il leader nel mirino: "Traditori scoperti in tempo"

Accordo Ue, a Kiev gli asset russi congelati. "Uccidere Zelensky? Costa 74mila euro"
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Una svolta, probabilmente non decisiva ma che rappresenta un segnale forte. Di coesione in primis e di forza poi. Gli ambasciatori degli stati Ue hanno infatti raggiunto un accordo di principio riguardo l’utilizzo dei proventi derivanti dalla detenzione degli asset russi sanzionati. In soldoni, si parla di circa tre miliardi di euro all’anno che per il 90% saranno destinati al supporto militare all’Ucraina e per il restante 10% per la ricostruzione. Un’intesa efficace e non solo di facciata, anche perché Mosca l’ha sempre vista come fumo negli occhi con corollario di minacce assortite. Il tutto mentre emergono nuovi dettagli sui piani per assassinare il presidente ucraino Zelensky, architettato da Mosca grazie a ufficiali corrotti che dovevano «offrire» la vita del rivale in dono a Putin per il suo insediamento.

L’intesa sugli asset sanzionati arriva dopo tre mesi di discussioni tra i 27, tra fughe in avanti e frenate e le resistenze di alcuni Paesi, l’Ungheria di Orban su tutti con il consiglio Ue che a breve ratificherà la decisione. «Accolgo con favore l’accordo politico sulla nostra proposta di utilizzare i proventi delle attività russe immobilizzate per l’Ucraina. Non potrebbe esserci simbolo più forte e utilizzo migliore per quei soldi che rendere l’Ucraina e tutta l’Europa un posto più sicuro in cui vivere», ha commentato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. «Dobbiamo far arrivare i fondi all’Ucraina il prima possibile. Il primo 1 miliardo di euro dovrebbe essere trasferito entro l’estate, la Russia pagherà direttamente per i suoi crimini», ha sottolineato il vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis. Una decisione accolta con grande favore da Kiev, dove si discute dell’ennesimo tentativo di eliminare il leader Zelensky.

Attorno a lui la sicurezza è già altissima: tre cerchie di controllo che monitorano i suoi spostamenti 24 ore su 24 anche col supporto satellitare inglese e americano. Lui si sposta quasi esclusivamente di notte e nessuno, a parte i fedelissimi, sanno con anticipo quando si muove e dove va. Per questo fa sensazione l’ultimo attentato fallito. Zelensky doveva essere fatto fuori domenica scorsa come dono per l’insediamento di Putin. Non una novità in Russia: la giornalista Anna Politkovskaja venne uccisa il 7 ottobre del 2016, giorno del compleanno di Putin. I due ufficiali traditori avrebbero incassato tra i 46mila e i 74mila euro e il piano per l’attentato era piuttosto dettagliato. Zelensky doveva essere prima preso in ostaggio e poi ucciso mentre venivano colpiti anche i capi dei servizi ucraini, Budanov e Malyuk. «Uno dei due killer doveva tenere d’occhio l’edificio di Budanov, aspettare che arrivasse in auto e mandare un segnale ai russi. A quel punto avrebbero lanciato un missile, poi due droni per uccidere eventuali sopravvissuti, infine un secondo missile per fare piazza pulita. Ma siamo arrivati prima noi», raccontano gli 007 ucraini.

Spie e infiltrati rischiano di far saltare i piani di sicurezza un po’ ovunque. Il governo britannico ha espulso l’addetto militare all’ambasciata russa di Londra perché ritenuto una spia di Mosca. Che più viene messa spalle al muro più continua a tramare nell’ombra.

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