Guerra in Israele

“Barghouthi vicino al rilascio, porterà la democrazia in Palestina”. Parla il figlio

Il ruolo di Marwan Barghouthi per una soluzione politica del conflitto tra Israele e Hamas

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Per alcuni è il Nelson Mandela della Palestina, per altri un pericoloso terrorista. Oltre vent’anni dopo aver guidato la seconda intifada, Marwan Barghouthi è tornato al centro della politica palestinese. Ex leader della fazione militante di Fatah, Tanzim, è stato arrestato da Israele nel 2002 e condannato a cinque ergastoli per il coinvolgimento negli omicidi di quattro israeliani e un monaco greco. Simbolo della resistenza contro l'occupazione israeliana, è saldamente in testa a tutti sondaggi come possibile successore di Mahmoud Abbas. Più amato anche del leader politico di Hamas esiliato in Qatar Ismail Haniyeh. Icona nazionale santificata dal popolo, il "Napoleone" di Ramallah, com’è soprannominato, potrebbe essere la figura chiave per “federare” le varie fazioni palestinesi in un ipotetico day after della guerra a Gaza. Nonostante sia stato più volte in cima alla lista di Hamas, la sua liberazione è sempre saltata. Anche a fine novembre, durante l’ultimo scambio di prigionieri con Israele. “Ora, però, - anticipa a ilGiornale.it il figlio Arab Barghouthi - siamo sicurissimi che verrà liberato”.

Da quanto tempo non vede suo padre?
“Non lo vedo da 18 mesi. A dicembre scorso lo hanno trasferito dalla prigione di Ofar a Ramla, dove è stato in isolamento per cinque giorni in una piccola cella senza luce, senza materasso e cibo a malapena per sopravvivere. Poi, è stato spostato nel carcere di Rimonim dove si trova ancora. Qui, lo hanno torturato, anche mettendo alla porta della sua cella degli altoparlanti ad alto volume che suonavano la dichiarazione dello Stato di Israele e l'inno israeliano”.

Ora che notizie ha?
“Da quando abbiamo fatto pressione, so che le cose sono un po' migliorate, almeno per quanto riguarda cibo e materasso”.

A fine novembre, durante il primo scambio di prigionieri tra Israele e Hamas, si diceva che suo padre sarebbe stato tra i rilasciati.
“Sapevamo di questa possibilità…”

Adesso, però, pare che il rilascio di suo padre sia una delle condizioni poste da Hamas per un accordo con Israele. È così?
“Ad oggi la probabilità è molto più alta: siamo sicurissimi che verrà liberato durante il prossimo scambio di prigionieri”.

Che rapporti aveva suo padre con Hamas?
“Il suo rapporto è sempre stato forte con tutti i partiti politici palestinesi, incluso Hamas. Ha sempre lavorato per un partenariato politico tra i vari partiti palestinesi per portarli ad unirsi contro l'oppressione israeliana”.

Cosa sa del 7 ottobre e qual è la sua posizione in merito all’attacco di Hamas?
“Ovviamente mio padre non ha niente a che fare con il 7 ottobre perché era in prigione e non ne sapeva nulla, come tutti i prigionieri. Anche di quello che pensa non possiamo sapere nulla perché è stato impossibile comunicare con lui”.

Anche se si trova in carcere da più di vent’anni, è ancora molto amato dai palestinesi e stando ai sondaggi verrebbe scelto come leader, sia in Cisgiordania che nella Striscia. Come se lo spiega?
“Mio padre è amato dal popolo per i suoi sacrifici e la sua posizione sempre coerente sull'occupazione illegale delle nostre terre”.

Ritiene che la soluzione dei due Stati con l’Autorità palestinese di Abu Mazen “rivitalizzata” sia realizzabile?
“Mio padre ci crede ancora. Ma penso che le nuove generazioni ormai abbiano perso la fiducia nella soluzione dei due stati. Poi, per quanto riguarda l'AP abbiamo un grande bisogno di nuove elezioni per avere una leadership rappresentativa che possa realizzare il sogno di uno stato indipendente palestinese. E su questo punto, soprattutto i governi occidentali devono essere responsabili e schierarsi dalla parte della giustizia, smettendo di dare il proprio sostegno incondizionato a Israele”.

Hamas è molto radicato nel territorio e, dopo il 7 ottobre, i sondaggi ne danno il consenso in crescita. Crede sia possibile un futuro per Gaza senza un ruolo politico di Hamas?
“Hamas fa parte del popolo palestinese e ha il diritto di ‘praticare’ la democrazia come qualsiasi altro partito al mondo. Le elezioni sono la via da seguire. A nessun popolo è mai stato negato questo diritto solo perché si teme che i risultati potrebbero non soddisfare l'Occidente! E questo è ciò che è stato fatto fino ad ora”.

Suo padre che contributo spera ancora di dare?
“Lui spera di unificare il popolo palestinese verso un sogno di indipendenza e libertà. Qualunque ruolo assumerà, so che sarà disposto a svolgerlo.

È un grande sostenitore della democrazia, quindi farà di tutto affinché si svolgano elezioni democratiche”.

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