Bibi alla Casa Bianca. Sceicchi di Hebron: sì ai patti di Abramo

Oggi l’incontro. Netanyahu: pace, alle nostre condizioni. Idf: attacco in Yemen

Bibi alla Casa Bianca. Sceicchi di Hebron: sì ai patti di Abramo
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La tregua a Gaza è ancora legata a un filo. A Doha sono in corso nuovi colloqui, mentre Benjamin Netanyahu oggi incontrerà Donald Trump a Washington. Il presidente israeliano Isaac Herzog ha ribadito a Bibi prima del volo per gli Usa l’urgenza di raggiungere una svolta: «Firmi l’accordo anche se ha un costo», è stato il suo monito. La situazione è complessa e si discute anche di nuove soluzioni all’eterno conflitto israelo-palestinese. Un gruppo di cinque importanti sceicchi del distretto di Hebron, in Cisgiordania, ha inviato una lettera al governo israeliano con l’inedito desiderio di aderire agli Accordi di Abramo e di raggiungere la pace con Israele. A riportarlo è il Wall Street Journal.

Nella missiva è esplicitata la volontà degli sceicchi di staccarsi dall’Anp e di costituire Hebron come Emirato che «riconosca Israele Stato del popolo ebraico, quindi Israele riconoscerà l’Emirato come rappresentante dei residenti arabi».

La lettera, indirizzata al ministro dell’Economia israeliano, Nir Barkat, descrive l’accordo proposto come «equo e dignitoso», e può sostituire gli accordi di Oslo, «che hanno portato solo danni, morte e disastro economico». Questo patto concordato negli anni ’90 infatti «ha imposto su di noi - sostengono - la corrotta Autorità Palestinese, invece di riconoscere la tradizionale e autentica leadership locale». Barkat ha detto al Wsj che il vecchio paradigma dei due Stati è fallito e che l’Anp non gode di fiducia tra il suo popolo. Da febbraio, il ministro ha ospitato lo sceicco Wadeè al-Jaabari - uno dei più influenti leader del clan di Hebron e promotore dell’iniziativa - e altri nella sua casa di Gerusalemme per decine di incontri. «Non ci sarà nessuno Stato palestinese, nemmeno tra mille anni», secondo Jaabari, «dopo il 7 ottobre, Israele non lo concederà più».

Ieri il Jerusalem Post ha pubblicato un’intervista proprio a Jaabari, dove è stato reso noto che altri 13 sceicchi dell’area intendono lasciare l’Anp.

Jaabari ha spiegato di avere il controllo di circa il 78% della popolazione di Hebron, ovvero 700.000 o più palestinesi. L’obiettivo è quello di coinvolgere alla fine altri sei «emirati», secondo il modello degli Emirati Arabi Uniti, che comprendono le aree di Betlemme, Gerico, Nablus, Tulkarem, Jenin, Qalqilya e infine Ramallah. Lo Shin Bet e l’Idf però avrebbero espresso perplessità sul piano. Temono un possibile caos in assenza di un’autorità centrale.

Intanto sul fronte della Cisgiordania la battaglia non si placa. Nella città di Tulkarem i bulldozer dell’esercito israeliano hanno svuotato due campi profughi, in una «caccia ai militanti». Ora i residenti temono che gli sgomberi cancelleranno anche il loro stesso status di rifugiati. Ma pure nella Striscia continua a crescere il numero delle vittime. I raid aerei di Tel Aviv ieri hanno ucciso almeno 33 palestinesi, secondo i funzionari dell’ospedale, mentre Tsahal ha spiegato di aver colpito oltre 130 obiettivi tra cui centri di comando, depositi di armi, lanciarazzi e cellule terroristiche.

L’Idf ieri sera ha anche emesso un avviso di evacuazione «urgente» per tre porti controllati dagli Houthi in Yemen, spiegando che saranno presto presi di

mira da attacchi israeliani. Il portavoce in lingua araba dell’esercito ha chiesto a chiunque si trovi nei porti di Ras Isa, Hodeidah e Salif, e nell’area della centrale elettrica di Ras Al-Katheeb a Hodeidah, di evacuare.

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