
Negli ultimi mesi la guerra in Ucraina ha assunto una dimensione nuova e più profonda: quella economico-energetica. Kyiv, con il supporto diretto dell’intelligence americana, ha intensificato gli attacchi contro le infrastrutture energetiche della Russia, mirando a indebolire il cuore finanziario del Cremlino più che le sue truppe sul campo. È una guerra di logoramento economico, condotta attraverso droni, dati satellitari e sistemi di analisi operativa, che spinge il conflitto oltre la linea del fronte e dentro il sistema produttivo russo.
Il fronte dell’energia come nuovo campo di battaglia
Secondo fonti statunitensi e ucraine, da metà estate 2025 gli Stati Uniti hanno condiviso con Kyiv informazioni di intelligence sempre più mirate: rotte di volo, vulnerabilità degli impianti, finestre temporali per eludere le difese antiaeree. Questi dati hanno consentito all’Ucraina di condurre raid di precisione contro raffinerie e depositi di carburante situati anche a oltre mille chilometri di distanza.
Le conseguenze economiche per Mosca sono tangibili. Almeno 16 delle 38 raffinerie russe sono state colpite, alcune più volte, causando una perdita stimata di oltre un milione di barili al giorno di capacità di raffinazione. La Russia, che per finanziare la guerra dipende in larga parte dalle esportazioni di combustibili fossili, è stata costretta a ridurre le esportazioni di diesel e ad aumentare le importazioni di carburante, in particolare da Bielorussia e Cina. L’ultimo colpo è arrivato a Ufa, nel Bashkortostan, dove i droni dell’SBU ucraino hanno centrato la raffineria Bashneft-UNPZ, una delle più grandi del Paese. Si tratta del terzo attacco nella regione in un solo mese, e segna un’espansione della guerra in aree finora considerate fuori dalla portata ucraina.
L’intelligence come moltiplicatore di potenza
L’elemento decisivo di questa nuova fase non è solo tecnologico, ma informativo. Gli apparati di intelligence statunitensi, secondo fonti citate dal FT, non si limitano più a fornire allarmi o dati generici: partecipano alla pianificazione operativa, contribuendo a determinare la sequenza dei bersagli e fornendo dettagli su vulnerabilità strutturali dei siti energetici.
Questo tipo di cooperazione rappresenta un salto qualitativo nel coinvolgimento americano. Ufficialmente, Washington afferma di non partecipare ad attacchi diretti sul territorio russo, ma la condivisione di intelligence “di precisione” rende la distinzione sempre più sottile. Non a caso il Cremlino ha denunciato apertamente la “partecipazione regolare” di Stati Uniti e NATO nella pianificazione dei raid, definendola una provocazione diretta. La nuova postura di Washington si colloca in un contesto politico rinnovato. Dopo mesi di esitazione, Donald Trump ha progressivamente abbandonato la linea di cautela che aveva caratterizzato l’inizio del suo secondo mandato.
La svolta politica: la “telefonata di luglio”
Fonti informate riferiscono che la svolta sia avvenuta dopo una conversazione telefonica con Volodymyr Zelenskyy in luglio, durante la quale il presidente americano avrebbe chiesto se Kyiv potesse “colpire Mosca” nel caso ricevesse armi a lungo raggio. Pur negando di aver “incitato alla violenza”, la Casa Bianca ha poi autorizzato un flusso più ampio di dati militari e intelligence verso l’Ucraina.
Da quel momento, secondo le stesse fonti, le informazioni trasmesse da Washington a Kyiv hanno assunto un livello di dettaglio senza precedenti. Questo ha permesso alle forze ucraine — in particolare ai reparti speciali dell’SBU e all’unità “Unmanned Systems Forces” — di perfezionare la pianificazione dei raid, aumentare la frequenza degli attacchi e migliorare l’efficacia delle missioni con sciami di droni Fire Point e Liutyi.
Mosca reagisce: guerra d’inverno e minacce di escalation
La risposta russa non si è fatta attendere. Negli ultimi giorni l’esercito di Mosca ha lanciato una nuova ondata di attacchi contro le infrastrutture energetiche ucraine, puntando a oscurare le città e a fiaccare la resistenza del Paese prima dell’inverno. Secondo Zelenskyy, i russi hanno atteso condizioni meteorologiche avverse per ridurre l’efficacia delle difese aeree ucraine fino al 30%. Contestualmente, il Cremlino ha lanciato un duro avvertimento agli Stati Uniti e all’Occidente, parlando di “momento drammatico” nel conflitto e minacciando “conseguenze imprevedibili” qualora Washington decidesse di fornire a Kyiv missili da crociera a lungo raggio come i Tomahawk. Trump, per ora, ha rinviato la decisione, dichiarando di voler “capire meglio come verrebbero usati”.
L’intreccio tra strategia militare e guerra economica sposta il conflitto ucraino su un piano globale. Per gli Stati Uniti, la campagna di Kyiv è un modo per logorare la macchina bellica russa senza impegnare truppe dirette. Ma un’eccessiva esposizione rischia di trascinare Washington in una guerra ibrida sempre meno controllabile. Per la Russia, la perdita di capacità energetica non è solo un problema economico: è un colpo alla sua proiezione geopolitica, alla capacità di sostenere alleati e influenzare i mercati globali dell’energia.
Per l’Europa, infine, la nuova fase del conflitto rappresenta un delicato equilibrio: la solidarietà con Kyiv resta solida, ma l’eventualità di una guerra “allargata” alle infrastrutture energetiche continentali suscita timori crescenti, soprattutto in Paesi dipendenti dal gas e dal petrolio russo. L’Ucraina sta dimostrando che, nel XXI secolo, l’energia può essere un’arma tanto potente quanto i carri armati. Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno ridefinito la nozione di “supporto indiretto” in guerra, trasformando l’intelligence in uno strumento offensivo strategico.
Se la Russia non riuscirà a proteggere la propria rete energetica, il Cremlino dovrà affrontare non solo un fronte militare logorante, ma anche una crisi economica interna che potrebbe
minare la legittimità del potere di Putin.Ma ogni mossa di Washington e Kyiv comporta un rischio proporzionale: che la guerra invisibile dell’energia diventi la scintilla di un confronto diretto tra le grandi potenze.