Mille lanci per terrorizzare Kiev: come funziona la strategia russa dei droni kamikaze

Mosca ha elevato le capacità dei droni di fabbricazione iraniana Shahed-136 rendendoli ancora più letali. Ora sono il perno della sua strategia del terrore per fiaccare il morale di Kiev

Mille lanci per terrorizzare Kiev: come funziona la strategia russa dei droni kamikaze

I droni kamikaze sono stati e resteranno un elemento essenziale nella strategia di Mosca che vuole "fiaccare" il morale dell'Ucraina operando oltre mille lanci a settimana di quella che è la nuova e letale versione del temuto drone di fabbricazione iraniana Shaehed-136. Una "loitering munition", o munizione circuitante, che l'esercito russo non solo ha acquisito, ma ha imparato a usare, implementare e produrre in massa. Alcuni rapporti recenti indicano che un solo impianto russo localizzato ad Alabuga, in Tatarstan, ha prodotto oltre 26.000 unità di questo tipo, con una capacità produttiva di circa 170 droni kamikaze al giorno e la previsione di arrivare a produrne "190 al giorno" entro la fine dell'anno.

Un'arma letale, economica e versatile

Fin dalla seconda fase dell'operazione militare speciale che si è tramutata in un annoso conflitto convenzionale, gli strateghi militari del Cremlino hanno concepito una piano letale e pressante che ha sostituito le costose armi di precisione con gli economici droni kamikaze sviluppati dell'Iran, rendendoli il "perno" della strategia di Mosca che non vuole dare tregua all'avversario.

In origine erano armi d'importazione acquisite dall'Iran, per la soddisfazione dei sostenitori dell'esistenza del cosiddetto asse del male. Poi, una volta appresa la versatilità di questo drone concepito su un'ala volante di 3 metri e mezzo che poteva trasportare fino a 40 kg di esplosivo a 2.500 km di distanza, volando a una velocità massima di 185 km/h, sono diventate munizioni circuitanti migliorate e prodotte direttamente in Russia. C'è chi sostiene con componenti fornite attraverso canali paralleli dalla Cina.

Fatto è, che ormai almeno 1000 di questi droni kamikaze, prima noti che Shahed (Testimone in persiano), e ora noti come i nominativi russi di Geran e Garpya (Geranio e Arpia in russo), vengono lanciati ogni settimana contro obiettivi militari e civili sul territorio ucraino.

Come ha spiegato del dettaglio al Corriere della Sera un ingegnere di Kiev che è stato capitano della 59esima brigata dell’esercito ucraino, i nuovi modelli "implementati" e prodotti dai russi: "si muovono quasi invisibili nei cieli notturni avvolti in scafi in fibra di carbonio nero per evitare i radar. Nell’ultimo anno i tecnici ucraini hanno identificato almeno cinque tipi di testate, tra cui cariche termobariche, incendiarie e ad alto esplosivo in contenitori d’acciaio frammentati di vario peso". Ma sopratutto "sono dotati di modem e schede Sim ucraine, che si collegano alle reti cellulari; i modelli più recenti ne hanno più di una, per passare a un nuovo numero di telefono in caso di interruzione della connessione. Disturbarli con le tecniche di jamming è diventato dunque sempre più difficile".

Le schede Sim inserite dei nuovi droni consentono alle piattaforme di trasmettere dati tramite le reti mobili ucraine. Una tattica che consente alle forze russe di raccogliere informazioni in "tempo reale" sulle difese aeree ucraine, aumentando ogni capacità di adattamento e aumentando l'efficacia di ogni attacco.

A queste nuove accortezze, conseguenze dell'adattamento delle tattiche al nuovo scenario emerso sul campo di battaglia che ha portato allo sviluppo dei droni collegati a lunghi cavi di fibbra ottica per essere protetti da ogni sistema di guerra elettronica, si aggiungono ad esempio i droni "esca", spiegano sempre gli ucraini. Li chiamano "Gerbera" e servono a "distrarre i sistemi anti missile", convogliando su di loro il fuoco della difesa antiaerea che viene già sottoposta al duro stress degli attacchi di saturazione.

I nuovi droni kamikaze russi

Gli analisti che hanno confrontato il drone di fabbricazione russa denominato "Geran-2", e il vecchio modello di fabbricazione iraniana denominato "Shahed-136", hanno riscontrato migliorie a livello di design, con componenti di materiali innovativi e non uniti in un solo unico blocco, come nella prima versione iraniana, ma "modulari" con una composizione interna che avrebbe sostituito l'interno dell'ala volante con una sorta di schiuma a differenza della precedente struttura a nido d'ape. Le batterie fabbricate in Russia che azionano il motore a elica ora sono più potenti, e il drone viene integrato di un "blocco Kometa" come contromisura alla guerra elettronica. Mentre i sistemi di navigazione, oltre alle diverse testate esplosive che oramai pesano fino a 90kg, mostrano un "salto di qualità" per questa letale tecnologia.

In alcuni degli ultimi esemplari di Shahed esaminati, scrivono sul portale Defense Express, agli analisti dell'intelligence hanno trovato relè di "origine non russa" e un trasmettitore Gsm, componente progettato per "trasmettere e ricevere dati nei canali standard 3G e 4G". Anch'esso era interamente realizzato con componenti stranieri. L'ipotesi suggerisce che il dispositivo sia stato "realizzato in fretta".

Al contrario, altre delle "ultime versioni" contrassegnate come serie "Ms", incorporano "funzionalità avanzate come termocamere, moduli di intelligenza artificiale e sistemi di navigazione avanzati". Il risultato di sviluppi ben pensati.

Ciò riflette non solo l'evoluzione strategia della Russia, che ha visto dei droni kamikaze la risposta alla sua esigenza di condurre una campagna di terrore a "basso costo", ma anche l'ambizione di Mosca che punta a migliorare un sistema d'arma letale che ormai di fatto il protagonista di un nuovo capitolo della storia bellica.

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