
Al festival di Open gli occhi sono stati puntati ancora una volta sulla Palestina sfruttando la presenza del patriarca di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, che per qualche settimana è stato papabile dopo la morte di Francesco. Il cardinale è stato ospite in collegamento con Parma, dove a dirigere i lavori c'era Enrico Mentana, direttore della testata. "Quello che è accaduto il 7 ottobre è frutto di anni di sviluppo, se si può usare questa parola, di evoluzione di un linguaggio e pensiero iniziato molto prima da ambo i lati", ha dichiarato il cardinale riferendosi all'attacco terroristico subito da Israele nel 2023.
"Le polarizzazioni sono esplose ora in maniera evidente ma erano nate e cresciute negli anni precedenti", ha aggiunto Pizzaballa, cercando di dare una spiegazione alle tensioni ormai irreversibili senza un serio accordo di pace. L'assassinio del primo ministro Yitzhak Rabin, avvenuto nel 1995, che aveva firmato gli accordi di Oslo con i palestinesi e aveva vinto il Premio Nobel per la Pace nel 1994, ha sottolineato Pizzaballa esponendo la propria teoria, "è il frutto anche di questo e il movimenti che ha portato a quell'assassinio poi è cresciuto, si è sviluppato, e adesso sono anche al governo, e così dall'altra parte". Per il cardinale, il problema insiste "nell'incapacità" di porre sul territorio gesti "che costruiscono la fiducia e l'incapacità di sviluppare un linguaggio inclusivo, che vuol dire riconoscere che l'altro esiste", porta al disastro di quello che vediamo oggi. Realisticamente, ha aggiunto Pizzaballa, "sembra che ci sia poco da fare, perché le grandi istituzioni non sembrano seriamente interessati a porre fine a questa situazione: umanamente non vedo che le cose possano cambiare a breve termine". E se anche dovesse finire oggi questa guerra, ha continuato interrogato da Mentana, "non sarà la fine del conflitto e le conseguenze si pagheranno ancora a lungo, sia qui che nella comunità internazionale. Le ferite, la sfiducia, l'odio che hanno creato, resterà per molto tempo".
Il mondo, ha spiegato filosoficamente, "non va avanti soltanto grazie alle decisioni dei potenti, il mondo si regge anche sulla coscienza dei popoli. Quello che vedo un po' in tutto il mondo è la coscienza di popolo, la società civile in generale è viva", secondo Pizzaballa, e tiene viva l'attenzione sul conflitto. "Gran parte del ceto medio e della società imprenditoriale hanno coscienza di questo, nella zona di Tel Aviv, che però è una bolla", ha spiegato ancora su input di Beppe Sala. Il resto del Paese, ha proseguito presentando la sua visione in loco, "vive una situazione diversa e i voti li dà il resto del Paese. Adesso la società israeliana è divisa su quasi tutto ma rispetto al mondo palestinese c'è una sfiducia di fondo diffusa". In questo momento, è la sua lettura, "Israele sta vivendo in una bolla sua. Si è chiusa in una spirale dove si sente l'unica e la sola vittima di tutto quello che sta accadendo e che non permette di avere una visione lucida, chiara e libera, non solo del presente ma anche delle prospettive future".
Sulla fine della guerra e del conflitto, Pizzaballa è scettico. La maggioranza della popolazione, ha spiegato, è " stanca di questa guerra, ma questo non significa che chi vuole la fine della guerra voglia la pace per i palestinesi, sono due cose abbastanza diverse", ha sottolineato Pizzaballa, sgombrando il campo dal buonismo idealista dell'Occidente attuale. . Vogliono la fine della guerra, ha aggiunto, "perché ci sono troppi morti, anche la situazione economica comincia a farsi sentire, centinaia di migliaia di soldati di riserva che non vanno lavorare. E c'è la paura che possano non tornare, ogni giorno ci sono 4/5 morti anche tra gli israeliani. C'e grande stanchezza ma non significa che ci sia un desiderio di porre fine al conflitto Israelo palestinese", ci ha tenuto a spiegare soprattutto a chi, oggi, strumentalizza i movimenti senza averen contezza.
"Abbiamo lasciato la voce ai radicali sia in Israele che in Palestina: è tempo di ricominciare dalla società civile sapendo che i tempi saranno lunghi. Dovremmo fare i conti con questa realtà per molto tempo e ricostruire e relazioni, la notte prima o poi finirà", è il suo auspicio.