
Un Volodymyr Zelensky insolitamente baldanzoso ha detto ieri tre cose importanti. Che il presidente americano Donald Trump starebbe valutando se rispondere positivamente alla sua richiesta di fornire all'Ucraina un sistema d'arma Usa talmente potente da poter indurre il suo arcinemico Vladimir Putin, anche solo minacciandone l'impiego, a fermare la guerra e a negoziare con lui; che al Cremlino faranno bene a cercarsi dei rifugi onde salvarsi la pelle, perché l'Ucraina lo considererà un bersaglio legittimo di armi proprie e forse lascia intendere piuttosto oscuramente anche fornite dai suoi alleati; infine, che non è sua intenzione prolungare la propria carriera politica oltre il raggiungimento di un'auspicata pace con la Russia.
Ciascuno di questi tre punti, toccati da Zelensky in un'intervista a Barak Ravid di The Axios Show, riveste importanza straordinaria. A partire dall'ultimo, in cui assicura che il suo obiettivo "non è continuare a candidarsi anche in tempo di pace, bensì porre fine alla guerra". Zelensky dice di aver spiegato a Trump, martedì scorso a New York, che se ci sarà un cessate il fuoco "potrò usare tale periodo per dare al Parlamento di Kiev un segnale in questo senso", perché "comprendo che gli ucraini possano volere un leader con un nuovo mandato" per gestire la fase che dovrebbe portare a una pace a lungo termine con Mosca.
Il resto delle dichiarazioni di Zelensky sono invece insolitamente minacciose verso la leadership russa. Mostrando fiducia in un nuovo sistema d'arma Usa sulla cui cessione a Kiev Trump "starebbe lavorando", il leader ucraino ha fatto capire che tutti i centri del potere putiniano potranno diventare degli obiettivi. "Noi non bombarderemo i civili perché non siamo terroristi, ma al Cremlino dovranno decidersi a fermare la guerra, o faranno bene a cercarsi dei rifugi antiaerei, perché ne avranno bisogno". "Devono sapere che e Zelensky ha spiegato che Trump in persona lo avrebbe incoraggiato a rispondere in profondità colpo su colpo e settore per settore agli attacchi russi noi ogni giorno risponderemo a ogni attacco". E Trump sa ha precisato il presidente ucraino che abbiamo bisogno di una cosa sola, che ci serve ma che non è detto che useremo".
Questi toni aggressivi di Zelensky sembrano la conseguenza del più recente cambio di orientamento di Trump sulla guerra in Ucraina. E mentre Trump ripete di essere "molto deluso da Putin, che dovrebbe fermarsi perché ha l'economia a pezzi e non riesce a vincere la guerra", una fonte della Casa Bianca getta però acqua sul fuoco, sostenendo che le sue parole sulla Russia non indicano un cambiamento di politica sull'Ucraina, semmai "sono una tattica negoziale per fare pressione sul Cremlino". Il New York Times, che verso Trump non ha alcuna simpatia, va oltre: affermando che Kiev potrebbe vincere e riconquistare i territori perduti, il presidente Usa mirerebbe in realtà a "lavarsi le mani del conflitto dopo non essere riuscito a mantenere le sue promesse". In altre parole, Trump rimbalza tra visioni estreme opposte, ma nessuna di queste evidenzia un ruolo americano nella guerra.
Ancor più diretto il premier polacco Donald Tusk: "Meglio la verità che un'illusione, questo sorprendente ottimismo cela la volontà di un minor coinvolgimento americano nella guerra, lasciandola in mano agli europei". Si vedrà se questo assumerà la forma della concessione di armi potenti a Zelensky prima che Washington si faccia da parte.
Intanto viene alla mente la recente definizione che Mosca ha dato di un Trump alle cui parole non dà alcun credito: "Erogatore seriale di affermazioni a caso". Una delle rarissime occasioni in cui al Cremlino, probabilmente, hanno detto la verità.