Ritiro totale e niente Nato: cosa svela il dossier di Istanbul sui piani dello Zar

Nel nuovo memorandum russo consegnato a Kiev, Mosca impone condizioni dure: ritiro ucraino, neutralità, riconoscimento territoriale, disarmo e niente Nato. Più resa che trattativa, avverte Medvedev

Ritiro totale e niente Nato: cosa svela il dossier di Istanbul sui piani dello Zar
00:00 00:00

Durante i negoziati tra le delegazioni russa e ucraina tenutisi a Istanbul, Mosca ha messo sul tavolo un memorandum che delinea la sua visione di una “risoluzione” del conflitto. Il documento, articolato in tre sezioni e composto da 31 punti, offre due opzioni per un cessate il fuoco, ma i termini avanzati somigliano più a una resa che a una trattativa.

Ritiro totale, neutralità forzata e riconoscimento territoriale: tra le richieste principali del Cremlino, il ritiro completo delle truppe ucraine da Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhia – territori attualmente sotto occupazione russa – da effettuarsi entro 30 giorni dalla firma del cessate-il-fuoco. Mosca pretende inoltre che Kiev riconosca ufficialmente Crimea, Donbass e l’area definita “Novorossiya” come parte integrante della Federazione Russa.

Memorandum russo Istanbul

Ma non basta. L’Ucraina, secondo il piano di Mosca, dovrebbe rinunciare in modo permanente alla propria aspirazione atlantica. Lo status neutrale – ossia la promessa scritta di non entrare mai nella NATO – diventa un altro pilastro dell’intesa. A ciò si aggiunge l’imposizione di nuove elezioni, presidenziali e parlamentari, da tenersi entro cento giorni dalla revoca della legge marziale. Un passaggio che, di fatto, suggerisce un reset politico sotto supervisione indiretta del Cremlino.

Verso il disarmo

Il memorandum insiste anche sul disarmo: niente armi nucleari, niente nuove forniture militari da parte dell’Occidente, e soprattutto nessun sostegno d’intelligence da parte dei membri della NATO. Lo spazio militare ucraino, se la proposta russa fosse accettata, diventerebbe una zona controllata, con spostamenti delle truppe consentiti solo entro limiti concordati. Sul piano politico e simbolico, il documento esige l’amnistia per prigionieri politici e la liberazione di militari e civili detenuti. E pone una condizione finale che cancella ogni traccia di responsabilità storica: entrambe le parti dovrebbero rinunciare a qualsiasi rivendicazione futura legata ai danni di guerra. Nessun risarcimento, nessun tribunale, nessuna verità giudiziaria.

Le garanzie per i cittadino russofoni

Per sigillare l’accordo, Mosca invoca una risoluzione vincolante del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. E pretende garanzie scritte sui diritti e le libertà dei cittadini russofoni in Ucraina, ancora una volta evocando la protezione delle minoranze come giustificazione della sua azione militare. Nessuna apertura, nessuna ambiguità. Per Dmitry Medvedev, ex presidente della Federazione Russa e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza, i negoziati di Istanbul non rappresentano un passo verso la pace, ma un semplice passaggio nella marcia verso quella che definisce “una vittoria totale”. In un messaggio pubblicato sul suo canale Telegram, Medvedev ha affermato che i colloqui non hanno lo scopo di costruire una pace di compromesso basata su “condizioni illusorie inventate da qualcuno”, ma servono esclusivamente a consolidare l'avanzata militare russa e ad accelerare, secondo le sue parole, “la completa distruzione del regime neonazista al potere a Kiev”.

Rivendicando l’iniziativa sul campo, Medvedev ha sottolineato che l’esercito russo “sta avanzando attivamente e continuerà l’offensiva”. Il tono del messaggio non lascia spazio a interpretazioni: “Tutto ciò che deve essere distrutto sarà distrutto, e coloro che devono essere eliminati scompariranno”, scrive. Le parole di Medvedev sembrano rafforzare la linea dura del Cremlino, all’indomani della pubblicazione del memorandum consegnato alla controparte ucraina.

A Kiev, questo testo è stato ricevuto con silenzio ufficiale.

Ma nell’atmosfera carica di tensione che avvolge i negoziati, è difficile non vedere in quel memorandum una lista di condizioni da accettare in ginocchio. Non una pace tra pari, ma una capitolazione mascherata da intesa.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica