Code ai distributori, razionamenti, boom dei prezzi: la crisi della benzina colpisce Putin

Le autorità centrali minimizzano, ma le immagini di file chilometriche e la distribuzione a razionamento segnalano un malcontento crescente, soprattutto nelle regioni periferiche

Code ai distributori, razionamenti, boom dei prezzi: la crisi della benzina colpisce Putin
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Nella terra che per decenni ha fatto del petrolio e del gas il simbolo della propria potenza, si allungano le code ai distributori e la benzina comincia a scarseggiare. In Russia, la crisi esplosa con particolare intensità nelle ultime settimane, è il risultato di una serie di fattori concomitanti: gli attacchi ucraini contro le raffinerie, la riduzione della capacità di produzione, difficoltà logistiche e un’impennata stagionale della domanda.

Secondo Reuters, i droni ucraini hanno colpito almeno dieci impianti di raffinazione e terminal energetici in Russia, provocando incendi e interruzioni delle attività. Si stima che la capacità di raffinazione del Paese sia diminuita di circa il 17%, pari a 1,1 milioni di barili al giorno. Tra le strutture danneggiate figurano le raffinerie di Volgograd (Lukoil), Ryazan (Rosneft), siti nelle regioni di Rostov, Samara, Saratov e Krasnodar, oltre alla pipeline Druzhba e al terminal di esportazione di Ust-Luga, gestito da Novatek, colpito da un incendio su vasta scala.

Le carenze sono particolarmente acute nell’Estremo Oriente russo. Nelle Isole Curili, riferisce The Moscow Times, la benzina AI-92 non è più disponibile al pubblico: i rifornimenti sono riservati esclusivamente ai veicoli ufficiali. Prima della sospensione, la vendita era già limitata a 10 litri per persona. Nelle regioni del Primorye e della Transbaikalia si moltiplicano le file e l’uso di coupon, mentre in Crimea e nelle aree occupate dell’Ucraina la carenza di carburante è ormai sistemica.

Il rincaro del carburante è evidente: secondo il Financial Times, i prezzi all’ingrosso della benzina sono ai massimi storici, con l’AI-95 aumentata di oltre il 50% dall’inizio dell’anno. Questo rischia di colpire duramente sia il trasporto merci che il settore agricolo. Il governo russo ha imposto dal 28 luglio un divieto di esportazione di benzina per cercare di stabilizzare il mercato interno, ma le misure non hanno ancora fermato la corsa dei prezzi. Mosca ha chiesto supporto alla Bielorussia, ma la capacità di Minsk – 3–4 milioni di tonnellate annue – è insufficiente a coprire un fabbisogno russo stimato in circa 3 milioni al mese. Inoltre, gran parte del carburante bielorusso continua a essere esportata verso mercati più redditizi in Asia e Africa.

Le autorità centrali minimizzano la portata della crisi, ma le immagini di file chilometriche e la distribuzione a razionamento segnalano un malcontento crescente, soprattutto nelle regioni periferiche.

Dalle Isole Curili al cuore industriale del Volga, la scena è la stessa: distributori chiusi, razionamenti, prezzi alle stelle. La crisi del carburante non è solo un problema logistico: è il riflesso delle nuove vulnerabilità della Russia in una guerra che, per la prima volta, intacca anche le fondamenta della sua economia energetica.

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