Quando Vladimir Putin si muove, rompendo la sua immagine di leader granitico e inamovibile, qualcosa di forte sta accadendo o sta per accadere. Oppure ancora, vi è un messaggio urgente da inviare. Con questa lente potrebbe essere giudicata la visita del leader russo nell'exclave calda di Kaliningrad in programma per oggi: eppure, da Mosca arriva pronta la smentita, la correzione in corso d'opera della notizia. A farlo è la sua voce narrante Dmitry Peskov, alle prese con il giallo dell'incidente aereo di Belgorod, che ha precisato che il suo viaggio "non è assolutamente un messaggio diretto ai Paesi della Nato". Il presidente russo è atteso all'Università Federale Baltica Immanuel Kant, ove incontrerà gli studenti e terrà un incontro sullo sviluppo della regione. Un appuntamento dal tono paternalistico, che tuttavia in ambito a Nato è passato per un messaggio tutt'altro che subliminale. Gli studenti chiederanno quello che vogliono, il presidente risponderà a tutte le loro domande, fa sapere il Cremlino. Più tardi, Putin incontrerà il governatore della regione di Kaliningrad Anton Alikhanov, per poi presiedere al suddetto incontro. In programma anche un altro evento "leggero": una cerimonia virtuale per lanciare una fabbrica di pannelli solari. Un tour che sa di cinegiornale di propaganda, e i cui sottintesi sono chiari.
Putin a Kaliningrad: il messaggio in patria
Sono molteplici anche i significati interni che la visita di Putin vuole mettere in evidenza. Nell'anno "più elettorale della storia", le presidenziali russe saranno un momento caldo, con gli occhi di tutto il mondo puntati su Mosca. Sebbene l'esito sia scontato, il Cremlino teme qualsiasi imprevisto che possa in qualche modo turbare l'ordine delle cose, in vista della rielezione blindata dello zar. Proprio nelle ultime settimane, infatti, l'opposizione russa sembra rialzare la testa, soprattutto di fronte alla candidatura del pacifista Boris Nadezhdin: a questo proposito Peskov, nella giornata di ieri, aveva dichiarato che il Cremlino non considererebbe quest'ultimo un rivale dell'attuale capo di Stato. Nadezhdin, con posizioni apertamente anti-guerra, ha annunciato di aver raccolto più di 100mila firme sulle 150mila necessarie per presentare la candidatura: sul suo nome, inoltre, concordano diverse realtà dell'opposizione russa, compreso il movimento di Aleksei Navalny. Il piccolo "blitz" a Kaliningrad, dunque, potrebbe fungere anche da strumento per la ricostruzione del mito del leader forte, che viaggia da un capo all'altro del suo impero, forte dell'esito vittorioso dell'"operazione speciale" e senza timore di affrontare a muso duro la Nato.
Il "pericolo strategico" per la Russia a Kaliningrad
Sebbene il Cremlino si affretti a dichiarare che la visita di quest'oggi non sia una sfida alla Nato, le parole del suo portavoce suonano quanto mai contraddittorie. Peskov, proprio oggi, ha dichiarato che per l'exclave di Kaliningrad esiste "un pericolo strategico" a causa dei "sentimenti militaristici che sono presenti oggi in Europa, nei vicini Stati baltici e così via. Paesi che sono permeati di sentimenti russofobici, che stanno attirando sempre più installazioni militari sul loro territorio". Il riferimento è chiaro, e mira alle mosse preventive che le tre repubbliche baltiche stanno intraprendendo, dentro e fuori la Nato, poiché prima linea di un'eventuale aggressione di Putin all'Europa.
"Se volete la pace preparate la guerra", ha esordito proprio oggi, in un'intervista al Corriere della Sera, il ministro della Difesa lettone Andris Spruds, contrario a un esercito europeo e invece a favore del rafforzamento della Nato, visto il "persistere della minaccia russa". "Abbiamo scenari molto gravi di fronte a noi - afferma - Nella Nato condividiamo la percezione della Russia come una minaccia strategica. Ma non è solo una minaccia contro i Paesi baltici.
L'eventuale invasione di uno di noi andrebbe trattata come contro tutti. Stiamo lavorando per migliorare le difese". In Lettonia il comando Nato è del contingente canadese e sul suolo lettone persistono 11 contingenti stranieri, oltre a soldati americani, danesi.
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