Guerra in Ucraina

Paolo Pezzi: "Non mediazione, ma sensibilizzazione"

L’arcivescovo di Mosca: "I cristiani devono ricordare qual è la posta in gioco»"

Paolo Pezzi: "Non mediazione, ma sensibilizzazione"

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Paolo Pezzi: "Non mediazione, ma sensibilizzazione"

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Monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, il cardinale Matteo Zuppi è in Russia come inviato del Papa. Ieri ha avuto un incontro con il consigliere per la politica estera di Putin, che segnale è secondo lei?
"Il segnale a mio parere è buono perché Yuri Ushakov è una delle persone più vicine al presidente e quindi significa che Putin sta dando un peso a questo incontro che è stato gestito da una persona di cui si fida. Certo, noi continuiamo ad augurarci che almeno per uno scambio di battute o forse per la consegna di un messaggio di Papa Francesco possa esserci un incontro anche con Putin..".

Oggi intanto potrebbe esserci l’incontro con il patriarca Kirill: il dialogo va avanti con la Chiesa ortodossa russa?
"Io ritengo che il dialogo sia fondamentale e credo sia doveroso precisare che il conflitto non ha una radice religiosa; le confessioni cristiane hanno la possibilità di ricordare alle parti qual è la posta in gioco e cioè il bene del popolo. In questo contesto di devastazione, con migliaia di morti, una parola da parte dei leader religiosi è sempre di grande aiuto".

La chiesa ortodossa russa può essere il giusto interlocutore della Santa Sede per una mediazione?
"Assolutamente sì, infatti mi rallegra molto che il cardinale possa incontrare direttamente il Patriarca. Io penso che più che un servizio di mediazione, quello di Zuppi sia un servizio di sensibilizzazione".

A tal proposito Kiev, dopo la notizia dell’arrivo del cardinale Zuppi a Mosca, ha fatto sapere che a loro non interessa una mediazione perché non si fidano della Russia...
"Abbiamo accolto con un certo dolore e con tristezza questa reazione, assolutamente comprensibile. Ma quella del cardinale Zuppi, come è già stato detto più volte, non è una missione per una mediazione, non ha questo scopo".

La missione del cardinale, come ha spiegato la Santa Sede, ha come scopo quello di incoraggiare gesti di umanità. Tra questi c’è a suo parere lo scambio dei prigionieri o il rientro in Ucraina dei bambini deportati in Russia?
"Direi che questi due temi sono quelli da cui ci attendiamo i maggiori, forse anche concreti e immediati, risultati. Il cardinale Zuppi, del resto, è arrivato in Russia soprattutto per ascoltare, come ha fatto in Ucraina. È importante precisare che la missione della Santa Sede in un certo senso è sovra-diplomatica: ha lo scopo di ricordare alle parti cosa è in gioco nei conflitti.
Questo può essere fatto solo avendo la pazienza di ascoltare fino in fondo cosa hanno da dire le parti in causa. Senza dimenticare che se si possono aprire piccoli spiragli per azioni umanitarie e anche per il suggerimento di qualche passo in vista della riconciliazione e della pace, sono certo che il cardinale non mancherà di farli presente".

Questa sera ci sarà anche una messa celebrata nella vostra cattedrale, la missione tocca quindi anche l’aspetto pastorale...
"Non è un aspetto preponderante ma è importante perché permette alla comunità cattolica di poterci incontrare con il messaggero del Papa e quindi di potergli esprimere la nostra gratitudine e mostrare quanto siamo coinvolti in questa missione: in alcune parrocchie si sta pregando incessantemente".

Avete delle richieste da far arrivare al Papa?
"Comunicheremo al cardinale le iniziative già in atto e quelle che vorremmo cercare di realizzare: azioni soprattutto umanitarie di accoglienza e reinserimento o aiuto al ritorno in patria, quando sarà possibile, per i profughi che arrivano da varie zone dell’Ucraina".

L’obiettivo finale, come ha detto la Santa Sede, è trovare vie per raggiungere una giusta pace...
"Io penso che la pace giusta sia la pace che deve essere accolta come un dono da parte di Dio. Ogni pace che, per quanto nobile, è semplicemente un tentativo umano, resta ultimamente ingiusta.

La pace giusta è quella che permette di ottenere il migliore risultato per il bene dei popoli del territorio coinvolto nel conflitto".

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