Guerra

La piccola Kinmen in prima linea

A volte, con grande scorno di noi giornalisti, un'immagine spiega più di mille parole

La piccola Kinmen in prima linea

A volte, con grande scorno di noi giornalisti, un'immagine spiega più di mille parole. E gli ostacoli in cemento con spunzoni di ferro disseminati su una spiaggia dell'isola taiwanese di Kinmen, separata dalla costa cinese da un braccio di mare di pochi chilometri e ben visibile con i grattacieli della metropoli di Xiamen, dicono tutto della condizione di guerra fredda tra Pechino e Taipei. Xiamen è lì, a 15 teorici minuti di ferry. Teorici, perché il Covid e le crescenti tensioni politiche con Pechino hanno portato alla chiusura della linea diretta tra le due Cine, qui così straordinariamente vicine.

Se è vero che a Taiwan l'isola principale della Repubblica nazionalista cinese che dà il nome di fatto allo Stato rivale della Repubblica popolare ci si aspetta in un vicino futuro un'aggressione militare in grande stile, a Kinmen (nota in passato come Quemoy) tutto questo lo hanno già sperimentato direttamente. Perché questa piccola isola-avamposto taiwanese di 150 kmq ha dovuto subire nell'arco di settant'anni reiterati tentativi di invasione, sempre falliti, o bombardamenti destinati a segnalare la collera del regime comunista in fasi particolarmente tese delle relazioni internazionali.

Alla fine della guerra civile, Kinmen rimase ai nazionalisti dopo una sanguinosa battaglia che nel 1949 vide il fallito sbarco dei maoisti. Ma dopo di allora non ci fu mai vera pace. L'episodio più cruento risale all'estate del 1958, quando Mao determinato a provocare gli americani per ottenere dal leader sovietico Krusciov il sostegno nucleare che quello voleva lesinargli scatenò un bombardamento a tappeto durato un mese e mezzo: su Kinmen piovvero 470mila colpi. Poi, quando Mao ritenne di aver ottenuto quanto gli serviva, tutto cessò improvvisamente.

Oggi che a Pechino c'è Xi Jinping, deciso ad annettersi Taiwan con le buone o con le cattive, a Kinmen sanno benissimo cosa succederà. Non è più questione di se, ma di quando. La piccola guarnigione di cinquemila uomini verrà annientata in un solo giorno: lontani sono i tempi in cui Chiang Kai Shek ne manteneva qui centomila, oggi è chiaro che l'isola è indifendibile. E a poco serviranno l'eroismo di pochi e i famosi coltelli prodotti a Kinmen con l'acciaio delle bombe cinesi di sessant'anni fa.

Si aspetta e intanto si vive, come sospesi.

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