Ucraina, la svolta del decisionista Merz

Nonostante la guerra, nonostante le schermaglie polemiche e le prese di posizione formali successive all'invasione dell'Ucraina, i contatti tra i due Paesi erano rimasti caratterizzati a lungo da una ambigua vischiosità

Ucraina, la svolta del decisionista Merz
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Il tabù è ormai violato. Con la dichiarazione del Cancelliere Friedrich Merz sulla gittata illimitata dei missili forniti all'Ucraina, e con la successiva risposta russa («Berlino sprofonderà in una fossa come Kiev»), la Germania ha tagliato l'ultimo legame con la Russia. Nonostante la guerra, nonostante le schermaglie polemiche e le prese di posizione formali successive all'invasione dell'Ucraina, i contatti tra i due Paesi erano rimasti caratterizzati a lungo da una ambigua vischiosità. Sul lato sinistro dello schieramento politico il caso più noto è quello dell'ex Cancelliere Schröder, a libro paga del colosso pubblico russo Rosneft. Ma le simpatie per Mosca, che affondano le radici in ragioni storiche e culturali, erano diffuse e avevano a suo tempo coinvolto perfino l'attuale presidente Frank-Walter Steinmeier (ex capo di gabinetto di Schröder) che solo in anni recenti ha trovato parole forti contro l'autocrazia del Cremlino.

A destra, invece, a frenare i tedeschi era stata la parola d'ordine di Angela Merkel, Wandel durch Handel, il cambiamento attraverso i commerci: la convinzione che l'intensificarsi dei rapporti economici avrebbe favorito, nonostante tutto, la distensione tra Est e Ovest. In nome di questo principio Berlino aveva dato il via libera al secondo gasdotto sul Baltico, North Stream 2, nonostante l'invasione della Crimea fosse già avvenuta. Una scelta cara all'élite del business, ma che si è rivelata con il senno di poi sciagurata, perché ha contribuito in maniera decisiva a convincere Putin di aver di fronte un Occidente imbelle e disponibile a tutto pur di fare qualche soldo.

A pesare sia sulla destra che sulla sinistra l'eterno senso di colpa legato alla seconda guerra mondiale, in base al quale la politica tedesca ha sempre fatto di tutto per non rompere con Mosca (come, e in maniera ancora più accentuata, con Israele). Per anni a vegliare sui rapporti tra i due Paesi sono stati personaggi come Matthias Warnig, ex agente della Stasi, collega di Putin negli anni di Dresda, poi riciclatosi ai piani alti del Cremlino come manager di North Stream e del settore petrolifero, forse lo straniero con più potere nella nomenklatura dell'ex Unione Sovietica, simbolo e portavoce di quel mondo oscuro degli affari che certo ha pesato nelle relazioni russo-tedesche.

Per questo insieme di fattori Berlino è rimasta inerte anche di fronte alle più clamorose operazione di guerra ibrida allestite (o sfruttate) da Mosca. L'esempio più noto è il cosiddetto caso Lisa», del 2016, quando un'adolescente tedesca ma di lingua e cultura russa scomparve dalla sua casa di Berlino. Al suo ritorno, dopo qualche giorno, la giovane disse di essere stata rapita da un gruppo di immigrati irregolari. Non era vero ma le emittenti del Cremlino come Russia Today fiutarono l'occasione e si gettarono sulla vicenda. Con loro il ministro degli Esteri Lavrov che mise pubblicamente alle strette il governo tedesco, accusato di non sapere proteggere i propri cittadini. Visto il peso, anche elettorale, dei cosiddetti Russlanddeutsche (i cittadini di origine russa sono più di due milioni) per la Merkel fu un momento difficile.

Una vicenda ormai passata. E con il passato il cancelliere Merz ha scelto di compiere un taglio netto. Come sul freno al debito ha deciso la via della discontinuità in contrapposizione alla «temporeggiatrice» Merkel.

La prima mossa è stata quella di accentrare la politica estera nominando come ministro Johann Wadephul,

un fedelissimo del suo stesso partito. Non accadeva dal 1966 che i due incarichi fossero entrambi in carico alla Cdu. Ma Merz il decisionista ha deciso di fare sul serio. Sempre che la sua fragile maggioranza, lo consenta.

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