“Non credo sia stata una messa in scena". Carolina De Stefano, docente di storia e politica della Russia presso la Luiss di Roma e autrice del libro 'Storia del potere in Russia. Dagli zar a Putin', esclude che la marcia della Wagner sia stata concordata con i vertici del Cremlino.
Non si è trattato di una strategia per far venire allo scoperto i generali non fedeli al regime putiniano?
"No. Penso che ci fosse della sorpresa. È stato tutto molto imprevisto e questo si capisce dal tipo di discorso che Putin ha fatto. È vero che era un discorso registrato, ma il fatto che ha subito dovuto far riferimento al 1917 e, poi, dichiarazioni molto più misurate fa capire che in quel momento nemmeno lui sapeva cosa potesse succedere”.
Adesso cosa succederà a Prigozhin? La sua vita in pericolo?
“Non è da escludere. Sabato c'è stato un momento in cui lui sembrava fosse in una posizione di forza, ma questo senso di forza è durato poche ore. L'impressione è che, per motivi diversi, sia Putin che Prigozhin escano indeboliti da questa crisi. Non sappiamo perché Prigozhin abbia avuto l'urgenza di fare questa operazione, quanto era possibile una sua incarcerazione e quanto fosse a rischio la sua vita prima di sabato scorso. Quello che succederà è molto incerto, e dipenderà anche dall'opinione pubblica e dalle reazioni in Russia”.
Ma qual era il suo obiettivo?
“Sicuramente non è stato un tentato golpe. Prigozhin non voleva rovesciare Putin. Lui è il capo di un'organizzazione di mercenari privata molto legata al Cremlino che non si aspettava di arrivare così rapidamente a Mosca. È stato fin troppo facile. Penso che questa crisi sia importante perché ha mostrato la vulnerabilità della verticale del potere putiniana e una porosità dei territori russi. Prigozhin voleva poter mettere in difficoltà anche il governo, ma senza necessariamente arrivare a Mosca. Voleva essere ascoltato e ribadire il fatto che le sue truppe sono state marginalizzate e mal rifornite. Temeva che la Wagner scomparisse, cosa che in parte avverrà a partire da oggi perché è stato deciso che una parte della Wagner rimane in Bielorussia, ma i soldati che lo vorranno, dal primo luglio, potrà essere reintegrato nell’esercito regolare.”.
Putin è più debole o più forte?
"È più debole, ma questo non significa che cadrà domani. Il sistema politico vive una situazione di maggiore tensione a cui risponderà probabilmente aumentando il controllo all'interno dell'esercito. Putin si è affidato troppo a dei corpi paramilitari e questa dipendenza in una situazione di grande disorganizzazione era un qualcosa che poteva ritorcersi contro. C’erano e ci sono delle rare sacche di autonomia, se non di anarchia, concesse dal Cremlino anche nello spazio pubblico, sui social media a partire da Telegram, che diventano un problema perché campagna militare sta andando male. Ma non solo. Tutta la popolazione russa ha visto che c'è stato un momento di sospensione, di incapacità del governo di decidere cosa fare e di rischio di uno scontro violento”.
L’Ucraina può vincere?
"In questa fase l’esercito russo era meno dipendente dalla Wagner per rispondere alla controffensiva degli ucraini rispetto a quanto è avvenuto a Bakhmut. Bisogna capire però, se ci sarà, quale sarà l'impatto psicologico sull'esercito russo, perché la crisi c’è stata ed è stata vista da tutti. Poi bisogna vedere come avverrà il reintegro della Wagner nell’esercito regolare. Ci sono tante incognite che possono potenzialmente rafforzare la posizione ucraina. La dimensione psicologica è importante. Gli ucraini hanno visto un’ulteriore fase dell’indebolimento del regime putiniano".
Cosa pensa del ruolo di mediazione del Vaticano? La pace è ancora lontana?
"A me sembra che siamo
molto lontani e che le tentate mediazioni, inclusa quella del Vaticano con il viaggio di Zuppi a Kiev e Mosca, servano più a provare a mitigare i rischi di un'escalation ulteriore che non ad arrivare a un accordo di pace".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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