Witkoff in Italia per sbloccare la tregua. Katz: "Ostaggi a casa o sarà l’inferno"

L’inviato Usa in Qatar solo se i negoziati andranno a buon fine. Divisioni sul ritiro e la lista dei prigionieri

Witkoff in Italia per sbloccare la tregua. Katz: "Ostaggi a casa o sarà l’inferno"
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L’inviato della Casa Bianca per il Medioriente, Steve Witkoff, arriverà oggi in Italia per un incontro con rappresentanti di Israele e Qatar per sbloccare l’agognata tregua a Gaza. Le ultime divergenze riguardano la distanza del ripiegamento delle truppe israeliane e la lista dei prigionieri palestinesi da liberare in cambio degli ostaggi. Poi rimane l’incertezza sullo scollamento fra i mediatori di Hamas a Doha e i vertici militari a Gaza. Se a Roma ci saranno buone notizie, Witkoff potrebbe volare a Doha nel fine settimana per chiudere l’accordo. Non lo farà prima di avere la certezza che tutti i dettagli siano stati concordati per la tregua che dovrebbe durare 60 giorni.

Il portavoce del Dipartimento di Stato, Tammy Bruce, ha dichiarato che Witkoff è in viaggio e ci sono «forti speranze» che si possa raggiungere il cessate il fuoco e l’apertura di corridoi umanitari per la distribuzione di cibo e aiuti umanitari alla popolazione. L’inviato americano dovrebbe incontrare in Italia il ministro israeliano per gli Affari strategici, Ron Dermer, e un importante inviato del Qatar.

I mediatori egiziani e dell’emirato non sono ancora «soddisfatti» delle ultime risposte di

Hamas, ma le parti hanno già concordato che in una prima fase verranno liberati 10 ostaggi ancora in vita e consegnati 18 corpi dei sequestrati. Una volta che il cessate il fuoco entrerà in vigore per 60 giorni, verrà negoziata una tregua permanente in cambio del rilascio dei 22 ostaggi rimanenti, anche se solo una decina sarebbero ancora vivi. In cambio saranno rilasciati molti prigionieri palestinesi. Hamas vorrebbe liberare anche Marwan Barghouti e Ahmad Sa’adat condannati a diversi ergastoli, ma il governo israeliano fino ad oggi aveva messo il veto. Sembra che il premier, Benjamin Netanyahu, abbia accettato di non interferire sui nomi dei prigionieri scelti da Hamas. Un altro scoglio era la nuova linea di schieramento delle truppe israeliane. Oramai il divario si sta riducendo, fra 1000 e 800 metri, soprattutto in relazione allo strategico corridoio Filadelfia, che taglia in due la striscia. Nelle ultime ore si lavora sui dettagli, mappe alla mano, e Netanyahu avrebbe dimostrato flessibilità anche sul nuovo corridoio Morag nel sud di Gaza, nonostante il parere contrario dell’esercito, che teme di vedere rispuntare i miliziani a Rafah.

Ieri fonti israeliane hanno fatto sapere che «Hamas continua a porre condizioni impossibili. La nostra squadra negoziale è a Doha e continua a tenere colloqui per la restituzione degli ostaggi». Non mancano i dubbi sulle divisioni fra i delegati di Hamas all’estero, che stanno trattando ed i vertici militari a Gaza. Fra Doha, Istanbul e Beirut l’ufficio politico dei radicali islamici è guidato da Muhammad Darwish, nome di battaglia Abu Omar, nato in Libano, che mantiene un basso profilo. La squadra negoziale è capitanata da Khalil Hayya e composta dal veterano Khaled Meshal, Zael Jabbarin, responsabile per la Cisgiordania e Nizar Awadallah. Il nuovo comandate militare a Gaza è Izz al Din al Haddad, soprannominato il fantasma, che in cambio dell’ultimo ostaggio, vuole una via d’uscita, dei salvacondotti, che garantiscano la sua sopravvivenza e dei comandanti superstiti una volta che la tregua sarà definitiva.

Tema delicato della fase due del negoziato durante i primi 60 giorni di cessate il fuoco. Ieri il ministro della Difesa, Israel Katz, ha ribadito che se gli ostaggi non torneranno casa a Gaza «si apriranno le porte dell’inferno».

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