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Guerrieri scalzi, basket senza cuore

N on hanno occhi e forse cuore questi del basket che si sono intrappolati, guidando eserciti di guerrieri scalzi, in una feroce contesa, in una partita dove sul tavolo ci sono monete fuori corso, gli uni convinti di battersi per l’italianizzazione del campionato, gli altri per dimostrare che della libertà d’ingaggio non hanno fatto scempio.
Dicono che Steve McQueen, poeta estinto di una generazione, sulla scena, preferisse le sceneggiature dove doveva dire poche battute, facendo parlare gli occhi. Era la sua grande fuga, poteva permetterselo, ma in questa vicenda non sono certo gli sguardi ironici di Petrucci, capo supremo del nostro sport, quelli mansueti del presidente federale Maifredi, quelli spaventati di Prandi, presidente di lega con troppi tutori, a riempire lo schermo. Si sono dichiarati guerra all’improvviso perché chi dirige lo sport per tutti vuole almeno sei italiani di nascita e di scuola sui campi di serie A, perché chi si è impegolato nel professionismo chiede almeno la libertà di dare soldi agli artisti che più gli piacciono.
Hanno ringhiato subito. Petrucci, prima di retrocedere sulla logica del dialogo che ci sembra più intelligente, ha detto o fate così o vi commissiono la federazione. La Lega, invece, ha reagito con le ripicche, niente nazionale alla partita delle stelle come se non sapesse che, fatta in casa, questa zuppa è assolutamente insipida, commissione di lavoro, con molta gente senza credibilità per studiare un campionato da gestire in proprio, scoprendo di avere pochi talenti e poco talento da investire o vendere.
Fra una settimana s’inventeranno il tavolo della pace, provando a parlare soltanto con gli occhi, mentre noi aspetteremo una soluzione seria del problema, che esiste, ma soltanto se si deciderà di andare per gradi. Ha ragione il presidente dell’associazione giocatori Cassì quando dice che vorrebbero un campionato autonomo gli stessi che dopo due sconfitte non pagano più gli stipendi, risparmiano sui generi di prima necessità, sulle previdenze, tartufi del superfluo che hanno una sola linea di difesa: cosa fareste senza la nostra voglia di protagonismo, senza i soldi che qualcuno mette senza averne indietro neppure un centesimo?
Non crederà Petrucci di essere l’unico a rimpiangere le buone scuole italiane, ma deve anche indicare una strada che permetta, intanto, di rispettare le leggi europee, poi di dare ai proprietari almeno la speranza della detassazione. Chi non si commuove vedendo lottare sul campo Alessandro Abbio, campione ultratrentenne, come venerdì sera nella vittoria di Livorno a Reggio Emilia? Proprio questo giocatore, campione d’Europa, col club e con la Nazionale, se ne andò via dall’Italia stanco dei privilegi che pretendevano certi fenomeni che del professionismo hanno ancora una idea tutta particolare. Noi li vogliamo tutti in campo, quelli bravi, ma adesso per arrivare alla quota di 108 richiesta non si saprebbe davvero dove sbattere la testa, senza dover soggiacere al ricatto di chi ha in mano questi giocatori indispensabili per legge.

Parlatevi gente, ma soprattutto fate proposte serie, cominciando da ieri.

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