Guggenheim Bilbao, in quel museo c’è un genio

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Paolo Marchi

nostro inviato a Bilbao

A Roberta Corradin in partenza per i Paesi Baschi, mi sono tanto raccomandato che il suo viaggio abbia inizio al ristorante del museo Guggenheim per deliziarsi con il genio di Josean Martinez Alija, così giovane che per festeggiare i trent’anni ne deve attendere altri quattro. Josean è un predestinato, è lì da cinque anni, sbarbatello assoluto, e sbaglia chi afferma che è facile (e profondamente sbagliato) scrivere una simile storia se si ha per tutore, pigmalione, titolare Martin Berasategui, cuoco tre stelle a Lasarte poco fuori San Sebastian, nel cui portafoglio rientra anche il Guggenheim. È facile e sbagliatissimo perché come è duro iniziare dalla gavetta, perché la strada è tutta in salita, così è pericoloso iniziare subito dal top, si rischiano vertigini e tonfi dolorosi. Prima di debuttare in formula uno, non guasta rodarsi per qualche stagione con i kart e nella F3000.
Josean è stato protagonista a fine aprile all’Alpe Adria Cooking di Udine. Ha presentato il libro scritto con Martin, La cocina del restaurante Guggenheim, imperdibile, cliccare in www.martinberasategui.com, e poi, con l’ausilio di un dvd, ha illustrato i piatti-simbolo di ogni stagione del ristorante senza eseguirne alcuno dal vivo. «Poteva sporcarsi le mani», commentai, parole subito rilanciate in Spagna. Avrebbe dato un senso a un elenco di titoli, anche perché Josean è davvero geniale e sensibile, senza confini mentali, un già bravissimo che stupisce anche i palati più esigenti. Mi avrebbe fatto enorme piacere vedere come procede per arrivare a quel capolavoro di Crema fredda di midollo di verdure e crema tartufata di cavolfiore, con sopra uno strato di gelatina al sentore di finocchio e scorzette di pompelmo, un omaggio a Dani García.
La sua cucina, dove i satelliti non pressano mai il pianeta madre, dove l’ingrediente principale appare sempre ben distinto al centro del piatto, magari in posizioni ed equilibri che sembrano precari, linee in movimento ondoso che ricordano le nuvole ma anche le forme del museo, nasce da un’estrema timidezza dell’anima. Josean sembra uscito da bosco incantato e ogni preparazione una magia.

Nel maialino laccato ad esempio, abbiamo un rettangolo della carne e del grasso vicino alla costola appoggiato su un cilindro di melone con a lato una crema agrodolce di maracuya. Il fegato grasso invece è in forma di scaloppa su sugo iodato e il tuorlo gelato pura poesia per l’occhio prima che per il palato.
E-mail: paolo.marchi@ilgiornale.it

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