Gussoni apre agli stranieri e al portavoce degli arbitri

da Roma

L’arbitro di serie A del futuro dovrà essere un superprofessionista. Intanto avrà l’auricolare (già in vigore in molti campionati europei, da noi arriverà domenica prossima ma solo nella massima serie per problemi logistici) così come i suoi assistenti. Non la parola, al massimo potrebbe essere creata la figura di un portavoce. Cesare Gussoni, soddisfatto per il proficuo incontro a Fiumicino tra capitani, allenatori e arbitri, lancia la sua rivoluzione. Non prima di aver incassato i complimenti di Renzo Ulivieri, presidente dell’Assoallenatori. «Tra gli arbitri c’è un’aria nuova - dice il tecnico del Bologna - mi sembrano più liberi, al di là dell’errore che ci può sempre stare».
Segno dei tempi, che anche per i direttori di gara sono destinati a cambiare. Il primo passo è stata la scelta di un insegnante prestigioso come Collina («Ma è prematuro parlare di effetti positivi già da ora, anche se la scorsa giornata è stata normale»), quelli successivi sono ambiziosi e innvovativi. «Io vedo una serie A arbitrata da super-professionisti e una B arbitrata da professionisti e non - dice il presidente dell’Aia e designatore ad interim -. Si possono aprire prospettive diverse se il sistema saprà regolamentare il professionismo arbitrale in un altro modo. Il problema attuale riguarda la decisione di creare un vertice con 41 uomini e di porre serie A e serie B sullo stesso piano. È una visione demagogica. Secondo me, la serie A deve essere affidata a un gruppo di 20 direttori di gara, non di più». Porte aperte, dunque, anche gli stranieri. «Se Ibrahimovic viene a giocare in Italia, da fuori può arrivare anche un arbitro...». Con la speranza che i vari tornei in Europa adottino modelli uniformi per favorire lo scambio dei fischietti.
Intanto i direttori di gara, in primis il loro rappresentante Stefano Farina, chiedono di riacquistare la parola subito dopo le gare. «È vero che parlano tutti, giocatori, presidenti e allenatori - la replica di Gussoni - ma un arbitro alla fine di un incontro è ancora eccitato. Dargli la parola, quando sarebbe portato a difendere il loro operato, non mi sembra un aiuto per arrivare a un’oggetiva verifica della situazione». Ecco la soluzione del portavoce («già adottata in alcuni sport negli Usa») ma anche nella Premier League inglese. Infine il problema del fair-play. «Non esiste la regola secondo cui i calciatori devono buttare fuori la palla quando c’è un giocatore a terra, mentre la norma prevede che l’arbitro interrompa il gioco se il calciatore deve essere soccorso. Quindi il problema è più per i tecnici e i giocatori».
E a proposito di fair-play, ieri nei saloni dell’hotel Hilton proprio Farina e il milanista Clarence Seedorf hanno fatto pace pubblicamente. I due furono protagonisti della lite nell’ultimo derby di Milano: il calciatore accusò il fischietto di avergli messo le mani addosso e per questo fu deferito. «È una storia chiusa - ha detto sorridente l’arbitro -. La pace fatta è una ripartenza positiva, una collaborazione fattiva a cui dovremo dar seguito in campo». Il rossonero ha invece sottolineato che «questo gesto deve servire da esempio per dimostrare dove il calcio deve andare perchè tutte le componenti, noi giocatori per primi, devono essere più leali».

E poi ha aggiunto: «Incontri così sarebbero più utili se fossero più frequenti: gli arbitri fanno parte del sistema come noi calciatori e se le cose migliorano va a vantaggio di tutti. La gente a casa vuole vedere il bel calcio, i bei gesti, non lo sputo, noi giocatori dobbiamo essere più leali e corretti».

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