«È mancato alla destra un ancorarsi a liberismi più coerenti come quelli di Hayek o al pensiero libertario e solidale», sostiene Geminello Alvi nel suo articolo sul Giornale del 15 febbraio. A molti sarà parso stonato quellaggettivo «libertario», che sembra così in controtendenza rispetto alla destra italiana, proprio in questi giorni impegnata in battaglie di retroguardia per non concedere alcuni diritti alle coppie non unite dal sacro vincolo del matrimonio. Ma il pensiero libertario, così diffuso nella destra americana, non è riducibile - come si fa da noi - alla libertà sessuale, di usi e di consumi, se non addirittura allanarchismo. Il pensiero libertario contemporaneo nasce allinizio degli anni Settanta del 900 negli Stati Uniti con il Libertarian Party, che fa propria una lunga storia di antistatalismo di taglio liberale. Da allora il termine «libertario» viene usato soprattutto per definire le teorie che privilegiano la scelta individuale rispetto alle pretese di qualunque potere politico, a partire dallo Stato.
Anche se i libertari americani amano spesso definirsi anarco-capitalisti, niente hanno a che vedere con lanarchia, perché sostengono a oltranza la proprietà privata. È tra le idee dei libertari che la destra italiana dovrebbe pescare per un reale rinnovamento, soprattutto sulla gestione della cosa pubblica. Se le conclusioni estreme del libertarismo (fra cui laffidamento della giustizia e della difesa a istituzioni private) sono impraticabili nella nostra società, la destra italiana può realmente distinguersi dalla sinistra nel segno di una maggiore libertà dello Stato. «Più individuo, meno Stato», dovrebbe essere il suo motto: meno tasse, meno assistenzialismo, più concorrenza, più meritocrazia.
Ci sono, anche da noi, associazioni e punti di aggregazione e di sviluppo del pensiero libertario, vere fucine di idee: lIstituto Bruno Leoni, le case editrici Leonardo Facco e LiberiLibri, di Macerata, ben poco o affatto bazzicate dai politici e dagli intellettuali di destra, con leccezione di Antonio De Martino. Ci sono, allinterno della stessa Casa delle Libertà, i Riformatori liberali, ignorati quanto preziosi per portare nuove idee in una destra che sembra vivere esclusivamente per contrapporsi alla sinistra, lasciando ai radicali di Marco Pannella il monopolio della difesa dei diritti individuali e civili. Così come si lascia alla sinistra il monopolio dellecologismo, che nelle sue forme più razionali è un dovere imprescindibile di ogni società. O come si lascia alla Lega il fare, disorganicamente, una minima resistenza al Moloch europeo: tanto che il partito di Umberto Bossi, nato «contro» lItalia, rischia di essere lunico a difendere la nostra identità nazionale dallinvasione comunitaria, e di certo non basta. Intimidita dal peso del nazionalismo fascista, la destra italiana si è resa complice di unEuropa che va contro la cultura e lunicità dei popoli che la compongono. È unEuropa basata sulleuro, che sradica le nazionalità e omologa tutto. LUnione Europea, così comè, rischia di essere il trionfo dellidea comunista proprio quando il comunismo sembrava sconfitto: perché lUe si basa essenzialmente sulleconomia (secondo i principi marxisti), e legualitarismo in versione ammodernata: non più tutti i cittadini devono essere uguali, ma tutti i popoli devono essere uguali.
Altro tema sollevato da Alvi e pienamente condivisibile è quello della cultura, con il collasso delluniversità dovuto alla leva pessima e sempre in via di peggioramento degli insegnanti: «Sottrarre la cultura ai condomini statali e alle varie menzogne ideologiche che coi soldi delle tasse vi si perpetuano: ecco quanto di meglio si sarebbe potuto fare e si dovrà fare». Ma il problema non sono soltanto luniversità e la scuola.
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