Ha ruggito la sua felicità ed era in curva, non in tv

di Franco Ordine
Questa volta sono tutti fuori strada. Anzi, meglio dirla tutta e senza ipocrisie: questa volta vogliono cogliere un banale e goliardico episodio per tentare una meschina rivincita su Gattuso e sul Milan in festa per lo scudetto. Già perchè le vergini circasse in circolazione, sempre più numerose dalle nostre parti, hanno preso a scandalizzarsi per il coro scandito da Rino, a cavalcioni sulla barriera della curva rossonera dell’Olimpico, destinato a Leonardo, il nemico pubblico numero uno del tifo rossonero dopo aver attraversato il fossato. Già la location dell’episodio avrebbe dovuto indurre a qualche prudenza. Niente. Non ce l’hanno fatta, vinti dal pregiudizio nei confronti del calabrese che è diventato una icona a dispetto del talento molto scarso e delle origini umilissime. Anzi, proprio per questo è stato battezzato come il simbolo più genuino della riscossa milanista. Facile ricostruire la spiegazione: l’avevano dato per finito, «bollito», da rottamare in qualche circuito calcistico di serie C, magari in Grecia o nel Daghestan. E invece il suo tributo al trionfo è risultato decisivo. Sia chiaro: questo giudizio perentorio e crudele sul conto di Gattuso, pubblicato anche sui media, era stato contro-firmato da Leonardo che aveva tenuto il nostro ai margini del Milan un campionato fa, puntando su una formula strampalata (il famigerato 4-2-fantasia).
Bene: solo per questo semplice, comprensibilissimo motivo, Ringhio ha sentito il bisogno di urlare la propria soddisfazione. Come ha fatto, in modo civile e puntuale, ai microfoni delle tante tv che l’hanno intervistato sabato notte, con lo scudetto sul petto. «Ci avevano dati per finiti, ecco la nostra risposta» la sua dedica educata al tricolore numero 18. Un conto è parlare a una tv, entrare nel salotto degli italiani, rivolgersi a tutti, milanisti e non, interisti compresi, e un conto è invece salire sulla barriera di una curva e mettersi a cantare con gli ultrà in una piccola intima festa. Seconda riflessione: Gattuso è uomo d’onore, è capace di sbagliare, come con Joe Jordan, ma è altrettanto pronto a riconoscere l’errore e a chiudere scusa, sottoponendosi al rito della gogna pubblica, tutti contro di lui, anche il vecchio cronista che l’ha conosciuto e frequentato da tantissimi anni, a Milanello e a Coverciano. Rino dunque non è il tipo da nascondersi dietro un dito, non ha mai fatto mistero della propria avversione nei confronti dell’attuale tecnico interista. Gliel’ha ruggita in viso, la notte del derby di ritorno.
Perché allora scandalizzarsi, invocare il bon ton e altre ipocrisie del genere per dare sfogo al proprio moralismo? C’è un altro particolare non sfuggito al filmato. È stato proprio Gattuso a interrompere il coro destinato a Leonardo, forse consapevole dell’imbarazzo che ne avrebbe provocato la segnalazione, per correggerlo nel coro soft «chi non salta neroazzurro è».

A quel punto, sempre Gattuso, con Abate al fianco, ha intonato l’inno più autentico del tifo milanista concluso dalla promessa «non ti lasceremo mai». Parlava del suo prossimo futuro e contratto? Certo che no. Questa volta sono tutti fuori strada. E Gattuso farà bene a ribellarsi all’intollerabile linciaggio.

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