Pier Augusto Stagi
È un fatto risaputo: il ciclismo è lo sport più controllato, adesso può dire di essere anche spiato. E mentre il mondo delle due ruote si interroga sulla opportunità o meno di allargare al test del Dna, aprendo però di fatto ai test di gravidanza (il velocista australiano Robbie McEwen correrà il prossimo anno per la Predictor, test che accerta la gravidanza, ndr), adesso deve fare i conti anche con le spie informatiche.
Investigatori, agenti 007, esami del Dna, adesso anche il fondato sospetto che nel mondo del ciclismo si celino pirati informatici, hacker spregiudicati capaci di rubare informazioni e soprattutto mandare in tilt complesse banche dati.
Sì, la nuova frontiera del ciclismo pedalato si chiama anche pirateria informatica. A denunciarlo, ieri, è stata LEquipe, secondo cui una denuncia ufficiale è stata depositata martedì scorso, 7 novembre, dal presidente dellAgenzia Francese per la lotta al doping (Afld) Pierre Bordy e linchiesta è già stata affidata allufficio centrale per la lotta alla criminalità legata alle tecnologie dellInformazione e della Comunicazione. La parte lesa è uno dei laboratori antidoping più famosi e avanzati del mondo: il Laboratorio Nazionale di Individuazione del Doping (LNDD) di Chatenay-Malabry.
Gli inquirenti francesi, continua L'Equipe, avrebbero per il momento identificato come uno dei responsabili dell'atto di pirateria un parente di Floyd Landis, lo statunitense trovato positivo al testosterone, dopo aver vinto l'ultimo Tour de France, proprio in seguito ad un controllo antidoping effettuato dal laboratorio di Chatenay-Malabry: sin dall'inizio, ricorda il quotidiano francese, la linea difensiva di Landis e dei suoi legali si era basata, sull'impronta di quella del connazionale Lance Armstrong, sulla scarsa affidabilità del laboratorio.
Ma di cosa si tratta nello specifico? È presto detto: alcuni hacker si sarebbero introdotti in modo fraudolento nel sistema informatico del laboratorio, inviando messaggi di posta elettronica a diverse istituzioni sportive, tra cui il Cio, l'Uci e la Wada volti a mettere in dubbio l'affidabilità delle analisi realizzate dal laboratorio. In un francese definito «mediocre» dai responsabili del laboratorio, i pirati portavano a sostegno delle loro tesi una serie di presunti errori effettuati in laboratorio durante i rilevamenti.
«Il messaggio che ho ricevuto diceva che il laboratorio francese era specializzato nell'errore a ripetizione sulle analisi antidoping - ha confermato Christian Ayotte, direttrice del laboratorio antidoping di Montreal e destinataria di una delle mail -.
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