Gaza Non è una svolta e neppure una prospettiva concreta. Ma cè almeno un alleggerimento di toni nelle parole con cui Ismail Haniyeh, dirigente dellala politica di Hamas, la fazione islamica radicale al potere nella Striscia di Gaza, ha aperto uno spiraglio allipotesi di un via libera a un accordo negoziato con Israele, purchè approvato da un referendum popolare tra i palestinesi.
Ancorata a condizioni e paletti che oggi appaiono del tutto irreali, la dichiarazione di Haniyeh resta pur tuttavia una novità parziale. Se non altro per il contesto, visto che finora Hamas laveva evocata in colloqui con ospiti stranieri, ma mai in occasioni pubbliche. Haniyeh lo ha fatto invece nel corso di una insolita conferenza stampa aperta ai media internazionali, che per larga parte ha seguito il canovaccio della retorica consueta: dalle accuse a Israele per il blocco, allallarme di una ipotetica nuova guerra, fino alle polemiche col presidente moderato dellAutorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen.
In sostanza, lesponente di Hamas ha ribadito che la sua parte - ostinatamente contraria a qualsiasi tipo di riconoscimento formale di Israele - rimane ostile ai negoziati promossi dagli Usa. E non si sente rappresentata dallAnp di Abu Mazen. Detto questo Haniyeh non ha tuttavia escluso che Hamas possa in futuro piegarsi a un accordo negoziato raggiunto da altri a patto che esso sia avallato da un referendum aperto a tutti i palestinesi, profughi inclusi. Le precondizioni minime sono che leventuale accordo dia vita a uno Stato palestinese indipendente «esteso entro i confini del 1967: con Gerusalemme capitale, il rilascio dei prigionieri e la soluzione del nodo dei profughi». In questi termini, notano alcuni analisti, lobiettivo appare in realtà impossibile. Ma lapertura di principio rimane, ribattono altri, osservando come Haniyeh si sia spinto fino ad assicurare i risultati un tale referendum andrebbero rispettati «democraticamente» anche se i contenuti delle intese «contraddicessero le convinzioni di Hamas».
Convinzioni che divergono da quelle di Abu Mazen su punti chiave: poichè questultimo riconosce ufficialmente Israele e la prospettiva duna pace definitiva con lo Sato ebraico; rivendica solo Gerusalemme est quale futura capitale dello Stato palestinese; e ha accettato in passato di discutere sulla carta anche lo scenario dun limitato scambio di territori.
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