Hamilton fuori a 260 all’ora Ma oggi vuole tornare in pista

Colpa di un bullone avvitato male. Illeso il pilota. Stamane i medici diranno se può correre

Hamilton fuori a 260 all’ora Ma oggi vuole tornare in pista

nostro inviato al Nürburgring
Sono le 14 e 54 di ieri quando il mondo che romba, per un attimo, crede che Lewis Hamilton, il pilota piovuto dal cielo, sia umano, sbagli anche lui, commetta persino errori vistosi. Ma non è così. Curva otto, meglio nota, da oggi - quando gliela intitoleranno - come la esse Schumacher, il ragazzo prodigio la percorre a 260 all’ora, quando un filo di fumo esce dall’interno della gomma anteriore destra. Giusto dieci metri, un nano secondo dopo, e quel filo di fumo diverrà un cerchione che si sbriciola, una gomma che esplode, una macchina impazzita che va dritta contro le barriere zeppe di pneumatici proprio come Schumi nel ’99 a Silverstone. Silenzio. Nell’abitacolo le gambe di Lewis tremano come prese da un sussulto lungo qualche secondo, il paddock ha paura. Il servizio di soccorso latita, passano istanti interminabili e non compare un solo infermiere o commissario. Ad un tratto, stordito, ammaccato, Lewis prova a uscire dalla McLaren a pezzi. Ci riesce, intanto – incredibile – finalmente qualche commissario di pista arriva, qualcuno appoggia per terra una barella, il ragazzo la guarda, si appoggia con un braccio sulla telecamera posta sopra l’abitacolo, poi crolla a terra. Da quel momento, e per un quarto d’ora, di Hamilton non si saprà più nulla, ma sarà solo grazie a lui, alla sua capacità di comunicare sempre e ovunque, anche in un momento simile, che suo padre Anthony, sua madre, il fratello Nicholas e tutti noi capiremo che sta bene. Mentre una flebo nel braccio gli inietta la soluzione fisiologica che permette, in caso di collasso, di tenere aperte le vene, Lewis trova la forza e il tempo di alzare una mano al cielo e sventolarla per salutare e dire che tutto è ok. A scanso di equivoci, insiste, e fa pure il segno con il pollice, okay papà, okay mamma, okay tutti.
L’OSPEDALE MILITARE Poi la corsa dell’ambulanza verso il centro medico, poi l’elicottero già pronto, il volo verso l’ospedale militare di Coblenza, quindi, tre ore esatte dopo l’incidente, il suo ritorno. Vispo, lo sguardo serio, ma il fisico in forma. Il boss Ron Dennis lo scorta e gli appoggia una mano sulla spalla, quasi a sincerarsi che, come per Kubica a Montreal, tutto è vero e tutto è a posto. «Lewis sta benissimo, presso l’ospedale Bundeswehr è stato sottoposto a una tac totale, risultando completamente a posto. Quanto all’ok per la corsa, crediamo - è l’annuncio serale della McLaren - che la visita a cui verrà sottoposto domani mattina (oggi, ndr) dal medico della Fia Gary Hartstein sarà positiva. Nel caso partirà dalla decima posizione». E il diretto interessato: «Sì, non vedo l’ora di correre, capisco la procedura medica, ma sto davvero bene, credo mi daranno l’ok».
LA PISTOLA “KILLER” Si saprà più tardi che l’impatto è avvenuto a 120 km/h, dopo aver perso il controllo a 260 all’ora; si saprà che una pistola ad aria compressa ha funzionato male, ha caricato poca aria per cui ha avvitato male il cerchio. Risultato: il dado di fissaggio ha iniziato ad avere gioco, la ruota si è inclinata un poco, il cestello di raffreddamento dei freni ha cominciato a toccare il profilo interno del cerchione, questo è scoppiato facendo saltare la gomma. Per cui assolto Hamilton, assolto anche il meccanico. Da notare: durante la lunga sosta, la McLaren toglierà e rimonterà le gomme anteriori di Alonso. Motivo? Erano state fissate con la pistola incriminata.
LE COLPE DI HAMILTON L’unica responsabilità che viene ora imputata al prodigio inglese è quella di non essersi accorto dell’allungamento della corsa del pedale del freno. Diversi piloti lo hanno sottolineato: «Di solito, in questi casi, quando il disco si allontana dalle pastiglie dei freni aumenta la corsa della frenata e capisci che qualcosa non va. Magari con più esperienza...».


LE PAURE DEI PILOTI Errore o no, quello che preoccupa ora i piloti, e Jarno Trulli l’ha detto a chiare lettere, è «la lentezza mostrata dai soccorsi. Così non va proprio bene, dovremo parlarne fra noi per decidere che cosa fare». Intanto, la F1 tira l’ennesimo sospiro di sollievo.

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