Harrison Ford non teme l’età E ci riprova con Indiana Jones

A 67 anni interpreterà l’avventuroso archeologo per la quinta volta. "Ci sta venendo un’idea davvero pazzesca. Ma non sarà un cartoon"

Harrison Ford non teme l’età 
E ci riprova con Indiana Jones

Roma - Per adesso sta ai fornelli, messo sotto dalla più giovane moglie Calista Flockhart che, avendogli dato un bambino di otto anni, vanta i suoi diritti di attrice ancora in pista. Però il complesso dell’eroe non ha mai lasciato il 67enne Harrison Ford, che sarà pure nonno, avrà pure cinque figli (dagli 8 ai 42 anni), ma intanto annuncia che riprenderà frustino e cappellaccio per girare l’Indiana Jones numero cinque, d’accordo con la solita squadra della celebre saga: Steven Spielberg e George Lucas. «L’idea di un nuovo Indiana Jones sta prendendo forma. George (Lucas ndr) ci sta lavorando attivamente. Se il soggetto è buono, sarò felicissimo di reindossare i panni dell’archeologo-avventuriero», ha dichiarato a Le Figaro l'attore di Chicago in cerca d’un rilancio, dopo aver registrato lo scarso gradimento dell’«Indy» precedente, Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo. E mentre attendiamo di vederlo, l’anno prossimo, sia in Crowley Project, film drammatico di Tom Vaughan, ispirato alla vera storia di un giovane padre di famiglia, che abbandona il lavoro per occuparsi dei due figli, affetti da una malattia genetica («Interpreterò lo scienziato, che trova la medicina per salvarli», specifica la celebrità, qui anche in veste di sceneggiatore), sia in Morning Glory, commedia agrodolce di Roger Mitchell (lo stesso de Il diavolo veste Prada), nella quale, insieme a Diane Keaton, «Indy» incarna un presentatore tivù bollito e umiliato. La notizia del revival, rimbalzata tra Deauville e Los Angeles, sta mandando la rete in tilt. Hollywood, nel frattempo a corto di idee e di quattrini, guarda con molta speranza a questo mito da rispolverare in franchising. «È un’idea pazzesca, ma forte», commenta Harrison sul Los Angeles Times, che definisce l'attore un tipo «bankable», ossia di sicuro successo al botteghino. Una cosa è chiara: l’iconica star detta legge, perché ha subito mandato a dire, mentre negli Usa a ottobre uscirà l'«Indy» numero 4 in dvd e blue-ray, d’essere contrario a trasformare il suo archeo-eroe in un cartone animato. «Non sono contrario ai cartoni animati, per filosofia, ma soltanto nel caso di Indiana Jones: sarebbe orrendo vederlo uscire da un film, che abbiamo fatto e pensato per lui in carne e ossa», chiarisce lui, già piccato di vedersi riprodotto sulle scatole dei cereali, come una qualsiasi frusta icona pop. «Sono molto lucido: lavoro nettamente di meno, rispetto a prima. A 67 anni ho molte meno opportunità di quando ne avevo 45. Ma non è un problema: passo parecchio tempo tra le nuvole, a pilotare i miei aerei», sorvola Ford sulla questione centrale del rimettersi a correre dietro ai nazisti, da nonnetto, sia pure ancora in gamba. E pensare che questa scoperta di George Lucas (in American Graffiti, 1973), determinante per il suo successo in Guerre stellari, dove Harrison si consacrò divo del cinema, come Han Solo, non aveva voglia di finire sul grande schermo. «Non aspiravo a diventare attore. Avevo un vago desiderio di fare la guardia forestale in un parco naturale» confessa lui, ambientalista convinto (figura nel «Board of Directors of Conservation International») e contrario da anni all’entrata della Cina tra le nazioni amiche degli Stati Uniti (come dargli torto?). I capelli, più sale che pepe, Ford se li caccerà sotto al cappellaccio, per trasformarsi in un invecchiato eroe urbano, di quelli pronti a non mollare mai, tra templi e crociate, nazi e tesori (il sequel esce nel 2012). E se agli adolescenti la saga Jones non dice molto, numerosi saranno gli spettatori attempati, lesti a identificarsi nel personaggio-simbolo d’ogni eroismo.

Tra crescenti complessità e ostacoli di eterogenea natura, qualunque pantera grigia avrà un alter ego in «Indy 5», valoroso protagonista che combatte una società in via di nazificazione progressiva. Non a caso dai blog giunge un diktat: vogliamo un Indiana Jones più giovane e più agile. Da furbone scozzese, Sean Connery l’ha piantata lì con la saga di Bond, appena incanutivano i peli sul petto.

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