da Milano
Ahi, ahi. Cè un buco nella logica della Scala. La presentazione della settimana era ineccepibile: la dimensione internazionale era esaltata dallospitalità di una orchestra prestigiosa, la Staatkapelle di Berlino, e di due grandi direttori, Barenboim e Boulez. Lorchestra è arrivata, ha suonato col suo stile, vecchiotto nel suono ma di grande equilibrio e potenza, Barenboim nella Quinta e Boulez nella Sesta hanno esaltato la chiarezza e anche gli affetti di Mahler. Due direttori così in due giorni sono un colpo. E il giorno successivo cera un altro grande, Maazel, a dirigere La Traviata.
Qual è il buco? Che i primi due concerti erano una semplice ospitalità, una di quelle cose meritorie e bellissime, ma pur sempre di genere fieristico. Invece, La Traviata è una vecchia produzione della Scala, che abbiamo ascoltato ripetutamente, nellallestimento con la regia di Liliana Cavani. E questa Traviata era particolarmente cara al pubblico, perché rappresentava latto di coraggio di Muti, che con una compagnia molto giovane aveva rotto il timore di rappresentare unopera che aveva avuto grandi precedenti e grandi rischi.
Bene, in confronto a quella, tutta di slancio, tutta fremente di gente che ci credeva, quella di ieri sera è apparsa unopera sbrindellata. La signora Angela Gheorghiu, protagonista, moglie di Roberto Alagna, canta come in provincia negli anni scorsi: un gesticolare enfatico sottolinea lemissione irregolare, la pronuncia con le vocali approssimative, la serie di effetti ricercati con pause e scatti. Non avesse preannunciato la sua venuta come quella di uninterprete messianica, tutto il pubblico lavrebbe accolta cordialmente; perché è una cantante di tutto rispetto, nel suo ambito. Ma così ha suscitato, insieme agli applausi, molti dissensi e molte discussioni.
Ma la cosa più deludente è stata il tono di scarsa convinzione che serpeggiava. Certo, Vargas è un tenore brillante, intenso, elegante; e Frontali è un baritono espressivo nelle intenzioni e sempre di buona vocalità. Ma latmosfera era quella di quando un pur grande direttore come Maazel ci crede poco, va avanti con la memoria di cose belle, ma con una specie di inerzia ben differente dalle sue grandi giornate. Questo non gli è stato perdonato e al terzo atto ha ricevuto una violenta manifestazione di buu, che lha mandato in confusione nel finale e lo ha offeso al punto da non presentarsi a ricevere gli applausi o quel che arrivasse, mentre è ben raro che un direttore abbandoni la compagnia.
Così, il ruolo della Scala è apparso squilibrato: come accade spesso quando si parla con grande orgoglio di ciò che non cè ancora stato, e diventa troppo facile vedere che ciò che la Scala propone di suo in questo momento non è allaltezza di ciò che ospita dal di fuori.
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