«Ho centotré anni e un solo desiderio: tornare sui tram»

Una tazza di caffelatte e dodici biscotti. Non uno di più, ne uno di meno. Pierino Pianetta li mangia ogni mattina, da 103 anni. «Oggi però mi ha chiesto anche un uovo sbattuto - racconta il figlio Enrico, già senatore di Forza Italia - si voleva preparare per questo incontro speciale». Una mattina per raccontare una lunga storia, la sua, fatta di tram, caramelle, funeste profezie mediche e un'assicurazione sulla vita molto particolare.
Settembre 1920, Pierino ha 16 anni e si trasferisce da Montebello della Battaglia a Milano dove trova lavoro come garzone in una confetteria. «Si chiamava "Sarolli e Masiero" - ricorda - facevo caramelle, torroni e cioccolato nel laboratorio di via Stelvio». In quegli anni Angelo Motta era ancora un semplice panettiere. «Ricordo il negozio di via Chiusa, con sua madre alla cassa. Quando lo incontravo mi ripeteva sempre: “Il cuore del commercio è la pubblicità”. Grazie a questa intuizione costruì la sua fortuna».
Un giorno il dottore disse a Pierino: «A far questo lavoro non vivrà a lungo: gli acidi con cui entra in contatto gli faranno male!». Meglio non rischiare, e così tornato dal militare, pensò fosse più salutare cambiare lavoro. Per scrivere la domanda di assunzione all'azienda tranviaria, chiese aiuto ad un amico. Lui che non aveva nemmeno la quinta elementare, non voleva rischiare di fare una figuraccia. La conserva ancora Pierino, scritta a mano in un italiano che oggi la storia ha portato via con sé. Era il 1926 quando salì sul primo tram. «Mi manca il mio lavoro. Mi divertivo molto, anche se non era facile: d’inverno faceva freddo perché i tram erano aperti e poi i cambi non erano automatici, quindi bisognava scendere con il ferro per cambiarli, ogni volta». Piazza Duomo era il capolinea di tutti i tram, «e così arrivati al capolinea ci fermavamo davanti alla Madonnina per fare una piccola pausa». La linea preferita? «L’uno, senza dubbio. Perché passava dalla stazione e caricava tutti i forestieri. Alcuni miei colleghi si scocciavano a dare le informazioni, a me invece piaceva molto poter aiutare chi arrivava a Milano». Divisa nera, dalla giacca ben abbottonata alle calze, rigorosamente scure: «Se ti trovavano con i calzini colorati o ancor peggio rovinati, ti mandavano subito a casa. Durante il fascismo, meglio tacere e non sgarrare». Il rigore era d’obbligo, nell’abbigliamento come nella pulizia. «Il lavalegno ogni sera controllava che la vettura fosse pulita, in caso contrario impartiva una multa di cinque lire». Ma Pierino giura di non averne mai dovute pagare: «Le mie manette - sostiene - erano sempre lucide». Quella precisione Pianetta non l’ha mai abbandonata, neanche quando ha lasciato la guida delle vetture per gli uffici dell’atm, né quando da pensionato è tornato all’antica passione fondando un’azienda dolciaria con i fratelli minori.
«Quando venni assunto all’Atm il medico del lavoro mi avvisò dicendomi che il 30 per cento dei tranvieri moriva sul lavoro e ben pochi riuscivano ad arrivare alla pensione». Una persecuzione, quella dei medici nella vita del signor Pianetta. Oggi ripensandoci ridacchia e dice: «Se il 12 gennaio compierò 104 anni lo devo ad un’assicurazione molto speciale!». Si riferisce ad un incontro che sa quasi di magia. Sono trascorsi più di cinquant’anni ma il ricordo è vivido nella sua mente. «Ero sul treno diretto a Genova, davanti a me sedeva un signore. Diceva di avere delle lavandarie, ma il suo biglietto da visita (che conserva ancora ndr) recitava “intellettuale”». Teneva gli occhi bene aperti Pierino, perché pensava che quell’uomo volesse derubarlo: «Ero diffidente - ricorda - perché non portava le calze. Eppure, mi fece un’assicurazione sulla vita che non ho mai dimenticato: mi disse di essere certo che io avrei vissuto fino a 105 anni».
Indossa una cravatta verde con tanti tram disegnati sopra Pierino. «Ci teneva a metterla oggi», rivela il figlio. Le pareti nella sua casa di Tortona, parlano di lui.

Ci sono le lettere di auguri che ogni anno riceve da Atm e l’Ambrogino, il massimo riconoscimento che la sua città ha voluto donargli nel 2004, quando ha varcato la soglia dei 100 anni. Vicino, la foto in bianco e nero di un ventenne che desiderava tanto diventare un tranviere.

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