Ho mangiato grilli, tarme e cavallette

Il nostro cronista ha provato l'ultima moda: cena a base di insetti. Al museo di Scienze naturali di Bergamo una serata di entomofagia: la gente divora tutto senza problemi. E secondo i nutrizionisti gli "animali a sei zampe" garantiscono un equilibrato apporto calorico e nutritivo

Ho mangiato grilli, tarme e cavallette

E poi si lamentano pure, seduti al ristorante, se nel risotto ci finisce per errore un innocuo moscerino. Ma davanti a un «riso basmati al curry insaporito con grilli neri croccanti e tarme fresche della farina» la folla di affamati avventori non si tira indietro affatto, anzi. Piatti ripuliti in un battito di ciglia, ma in questo caso sarebbe più corretto d’ali. Come quelle delle cavallette prima di essere immerse nel caramello e sistemate con cura coreografica dallo chef su fette di anguria e di melone. Sarà la mania del biologico, sarà la crisi, il fatto è che nemmeno i bruchi ora possono stare in pace.
Eccomi qua. Sabato sera ho partecipato a una serata «speciale» al museo di Scienze Naturali di Bergamo, che per la cronaca è intitolato al fondatore Enrico Caffi «insigne naturalista geologo illustratore delle nostre fonti che con l'integrità dei costumi e l'eminenza dell'ingegno onorò il sacerdozio la scuola la terra natale», recita una targa. Chissà se lui, novant’anni fa, ha mai provato il sapore di un baco da seta ben cotto. Io, sì. Dunque, se non sei pratico, al momento dell’antipasto senti salire un formicolio che ti toglie l’appetito. Appunto. «Ma sbagli», suggerisce un anonimo pasdaran dell’alimentazione come Madre natura ci ha fatti. «Colpa della società moderna, che attribuisce a insetti e vermi un significato totalmente negativo: considerandoli sporchi, insalubri, pericolosi e nocivi. Vedi le zanzare, le mosche, gli scarafaggi...Nessuno se ne rende conto, ma è stato calcolato che nell’arco di una vita ingeriamo, senza accorgercene, in motorino o mentre dormiamo, fino a 80 insetti. Per non parlare dei frammenti intrappolati nei cibi». Consentitecelo, come mormora una signora scettica ai bordi del buffet, «che schifo!». Per fortuna, l’organizzatore del banchetto, Roberto Fabbri, simpatico entomologo della Società per gli Studi naturalistici della Romagna, queste «specialità» ha preferito lasciarle nel laboratorio. Insomma, un tipo senza grilli per la testa. Al massimo li sparge nel risotto. Provando a convertire gli italiani all’«entomofagia». Per l’occasione ha scelto di servire cinque piatti forti: la Galleria mellonella, il Tenebrio molitor, lo Zoophabos morio, il Gryllus bimaculatus e soprattutto la mitica Locusta gregaria.
Non potendo ricorrere all’enciclopedia, è meglio farsi chiarire le idee dal cuoco in persona. Bando alla repulsione, mi lascio consigliare. «Cominci con questi stuzzichini con due tipi diversi di tarme: della farina e “americana”». Non oso immaginare a cosa deve il soprannome la seconda. Avvicino alla bocca, chiudo gli occhi per un attimo - lo ammetto - mastico (velocemente), ingoio. Risultato? Scarsa consistenza, tutto per lo più insapore, con un leggero richiamo... di patate. Superato il primo scoglio, gli altri assaggi appaiono meno traumatici. E devono pensarla così anche gli altri commensali, che pian piano prendono confidenza con larve e insetti assortiti. Ecco le portate principali. Il riso di cui sopra sembra il classico «curry» già sperimentato nei locali indiani. Osservandolo da vicino, però, qualcosa di insolito c’è. «Certo, sono grilli neri - rivela Fabbri - e le immancabili tarme della farina. Che fa, non mangia?». Ci provo. Sorpresa, gli animaletti scuri si dimostrano croccanti e addirittura «saporiti», nel senso che ricordano vagamente delle mandorle, o forse pinoli.
La gente attorno a me, intanto, è aumentata. Centocinquanta persone almeno. Messi da parte i timori iniziali, si gettano sui bachi da seta fritti come se niente fosse. I bambini, poi, che se proponi cavoli o cicorie fanno i capricci e piuttosto saltano la cena, sono scatenati. E qualcuno ha il coraggio di chiedere ai genitori di preparare, per il pranzo della domenica, «quei lombrichi là». Gli insettivori collaudati, del resto, danno loro manforte e spiegano alla mamma atterrita: «Che bravo bambino, ma lo sa quanto sono nutrienti i vermi?». I nutrizionisti specializzati nel settore sostengono che 100 grammi di insetti contengono quantità di proteine, calcio e ferro tali da far fare una magra figura alla classica bistecca. E, particolare che fa drizzare le antenne alle madri, «un ideale apporto calorico rapportato alla scarsità di grassi». Ora ci mancava la dieta del coleottero.
E mentre i signori uomini discettano su quale sia il vino migliore da abbinare a grilli e bruchi, «se un bianco frizzantino o un rosso corposo», la mia attenzione si concentra sul banco dei dolci. Stavolta sarà difficile vincere la resistenza a mandar giù camole di miele (una larva di farfalla che depone le uova negli alveari: l’uso più nobile la riconduce a esca per la pesca della trota selvatica) e delle famigerate cavallette, tutte intere e con ancora le ali addosso. «Giovanni Battista, nel deserto, è sopravvissuto nutrendosi esclusivamente di miele e locuste. Anche Angiolina Jolie le adora a colazione», mi incoraggia Fabbri. Viste così, caramellate, sono identiche ai reperti fossili raccolti nel museo.

Visto che proprio devo, mi abbandono alla versione ricoperta di cioccolato. Quando riapro gli occhi, vedo una smorfia sul volto di una ragazza. «L’hai trovata disgustosa?». «Ma no, è che io preferisco quello fondente!». Sollievo.

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